Aumentano esponenzialmente in tutto il Paese i casi di fake news“. Questo uno dei titoli allarmanti (probabilmente fake? ndr) che si leggono sempre più spesso. Le notizie false sembrano essere diventate sempre più ricorrenti, aiutate dalla condivisione irrefrenabile sui social da parte di “lettori specializzati di soli titoli”.

Del resto, siamo tutti consapevoli del fatto che Internet prima e la diffusione degli smartphone e dei social poi hanno cambiato radicalmente il modo di fare informazione decentrandola e consentendo a ciascun utente di essere anche potenziale produttore di notizie. Produttore ma anche fruitore, obbligato a orientarsi tra le tantissime (e mai troppe, ndr) informazioni presenti e che si affida pertanto a motori di ricerca e strumenti social per avere un accesso più rapido. Poche le tech company che fanno da porta di accesso: Google, che in Italia e nei principali Paesi europei occupa il 90% del mercato dei servizi di ricerca online, e Facebook, che ha raggiunto in Italia una copertura del 96% della popolazione.

La conferma che l’informazione passa da Internet ci viene da diverse ricerche. Tra queste quella di Pew Research Center, che parla di un 62% di adulti americani consumatori di notizie attraverso i social media e di un 18% che lo fa spesso. Percentuali che salgono se si considerano gli americani tra i 18 e i 29 anni: l’81% di loro, infatti, si informa attraverso la rete.

Come salvarsi allora dalle fake news?

  1. Non fermarsi ai titoli. Cosa che si fa sempre e che porta a condividere notizie false. Invece che fare i lettori di titoli, ci si può spingere un po’ oltre. Almeno ai primi tre paragrafi se proprio abbiamo fretta e non possiamo arrivare a fine articolo.
  2. Googlare. Soprattutto se la notizia ci sembra eclatante. A volte basta una ricerca veloce per capire che non esiste traccia nel web di notizie di quel tipo e quindi per arrivare alla conclusione che si tratta non tanto di scoop ma di bufala.
  3. Consultare i servizi antibufala. Uno su tutti il buon lavoro che fa il giornalista Paolo Attivissimo, ma anche i tanti gruppi presenti su Facebook o su Google Plus. Anche qui approfondire, informarsi è la solita ricetta noiosa.
  4. Verificare l’url della notizia. Perché se già dall’indirizzo si capisce che la fonte non è così attendibile come sembra, forse è meglio non condividere.
  5. Controllare le date di pubblicazione. A volte sono vecchissime, superate dagli eventi oppure non compatibili con la notizia.
  6. Attenzione a refusi e errori. Vero che a volte capita anche nelle migliori famiglie (e quindi alle migliori testate, anche nazionali) ma la disattenzione al come si scrive una notizia è spesso sintomo di notizia fasulla.
  7. Una ricerchina sulla fonte. Perché se la fonte non è conosciuta e soprattutto se il nome vuole ricordare un Corriere Qualsiasi ma non l’originale un dubbio possiamo farcelo venire.
  8. Un occhio alle foto. Esistono siti che ci consentono di ricercare altre pagine che riportano una certa immagine e che ci consentono magari di individuare l’immagine originale e capire se c’è stato un ritocco.
  9. Non condividere tutto. Facile condividere notizie shock. Serve ad avere like e commenti che, se riferiti a falsi nemmeno d’autore, non servono a nessuno, tanto meno a migliorare la nostra reputazione e credibilità.
  10. Leggere. Che si ricollega al punto 1. Oggi sappiamo quanto poche siano le persone che riescono a leggere un articolo intero, quanto siano numerose invece quelle che condividono e commentano prima di leggere, che vogliono dire la loro senza capire il senso di un articolo, che si fidano troppo di tutti e magari criticano i giornalisti che, invece, hanno in questo momento il compito di aiutare le persone a separare la verità dalla notizia fake, facendo loro (per professione e dovere deontologico, appunto) un lavoro di analisi delle fonti.

Post scriptum: questo articolo non è un fake. O forse sì. Se siete arrivati a leggere fin qui sarete in grado di dare un giudizio.