
Milano è sempre più all’avanguardia nel settore dell’urbanistica innovativa. A Segrate sorgerà “il primo vero smart district italiano”. Il via al progetto consente di interrogarci sui passi che sta compiendo la tecnologia abitativa, e sul crescente ruolo destinato all’Internet of things.
Il progetto Milano4you, è stato approvato a marzo, e prevede la costruzione di una smart city nel quartiere della Boffalora di Segrate – particolarmente simbolico in quanto teatro, dal 2004 a questa parte, di una serie di scandali edilizi. L’inizio dei lavori è stimato per l’ottobre 2017.
Il progetto, basato sugli studi in ambito di Architettura sostenibile del Politecnico, prevede soluzioni abitative incentrate un concept energetico ad alta efficienza: microgenerazione energetica diffusa, uso intensivo del solare, sistemi di accumulo energetico delocalizzati, e un sistema di controllo adattivo-predittivo in grado di ottimizzare il dispacciamento di energia su scala di quartiere.
Altrettanto innovativo è il sistema digitale, interamente basato sul cosiddetto internet delle cose. Ai residenti sarà infatti permesso di azzerare quasi interamente il costo delle utenze monetizzando i big data, raccolti e poi sfruttati con scopi economici e commerciali. L’infrastruttura digitale sarà realizzata da IBM e Samsung, quella energetica, come già citato, dal Politecnico e quella architettonica dallo studio Sagnelli Associati.
Il crescente valore economico dei dati generati dagli utenti non è una questione nuova nel dibattito sull’impatto che il digitale sta avendo sulle nostre vite. Ma in questo caso non si tratta di dati (o meta-dati) sui nostri acquisti online o sui nostri contatti Instagram: gli oggetti connessi a Internet immagazzineranno informazioni su cosa mettiamo nel nostro frigorifero, quante volte al giorno ci laviamo i denti, quanto sonno arretrato accumuliamo dopo una settimana di lavoro.
Mettere a disposizione di compagnie private dati così personali rappresenta un grosso problema di privacy. Nel momento in cui l’internet delle cose entra come concept all’interno di soluzioni urbanistiche e abitative si pone anche un problema di sicurezza, non solo privata ma anche pubblica.
I dispositivi connessi a internet (che siano auto, telecamere condominiali, frigoriferi, docce, serrature) saranno vulnerabili ad attacchi di malintenzionati. Nulla di nuovo, direte voi, rispetto ai ladri che entrano dalla finestra del salotto. Ma l’intrusione di hacker o ladri di informazioni in una casa iperconnessa potrebbe essere molto più pervasiva e pericolosa di una semplice incursione notturna old school.
È poi molto importante avere presente chi abbia accesso ai dati “casalinghi”, e che uso possa farne. Secondo un report dell’americana FTC (Federal Trade Commission), alcune compagnie potrebbero utilizzare i dati raccolti per compiere decisioni commerciali. Ad esempio, un’assicurazione sulla vita potrebbe calcolare il premio sulla base di quante volte una persona fa fitness in una settimana, o a seconda delle sue abitudini alimentari. Queste decisioni potrebbero venire prese senza che il cittadino dia il suo esplicito consenso, o senza che ci sia un adeguato grado di trasparenza.
C’è poi il problema della spesa per la sicurezza online dei dispositivi connessi a internet: se il modello dell’abitare smart si affermerà, le crescenti spese di cybersecurity dovranno ancora essere a carico dei privati cittadini o diverranno una voce del bilancio pubblico?
Le nuove tecnologie abitative abbinate ai concept digitali sono senza dubbio un’opportunità per ripensare le nostre città: meno sprechi, meno consumo energetico, meno costi per il gli utenti. Ma portano con sé anche una serie di domande su cui sarebbe necessario soffermarsi, il prima possibile, per sfruttarne al massimo le possibilità. Questioni a cavallo tra la sicurezza e la privacy, tra i diritti individuali e l’etica pubblica.