
ReAct: Reject Extremism attraverso Awarness, Courage, Tolerance. Questo il progetto che intende creare contenuti informativi che contrastino il diffondersi di notizie false che fomentano la violenza realizzato da 29 studenti dell’Università di Cagliari nell’ambito dell’iniziativa internazionale P2P Program, promossa dal Dipartimento di Stato Americano, da Facebook e da EdVenture Partners. Iniziativa che ha visto i ragazzi posizionarsi terzi in un concorso internazionale che mette in palio premi in denaro per gruppi di studenti in grado di distinguersi con un progetto Web per combattere estremismo e incitamento alla violenza.

Il team ReAct
Alessia Dessalvi, Giulia Tumatis, Giulia Marogna, Luciana Ganga, Ema Kulova sono le 5 ragazze che hanno ritirato il riconoscimento e che ci hanno raccontato come è nato e si è sviluppato il progetto.
“A settembre dello scorso anno – raccontano – il professor Christian Rossi ci ha proposto di aderire all’iniziativa, alla quale hanno partecipato oltre 140 Università nel mondo. Guardandoci intorno abbiamo deciso di focalizzare la nostra attenzione sul problema dell’immigrazione e come questo viene recepito nella società. Con un questionario somministrato agli studenti di tutto l’Ateneo e delle ricerche sui maggiori social network ci siamo resi conto di quanto sia diffusa la disinformazione e i luoghi comuni che fanno sì che sempre più spesso si manifestino comportamenti xenofobi. Abbiamo così creato ReAct”.
La campagna si svolge sia online che offline: attraverso il sito e i social dove vengono pubblicati e condivisi gli articoli, i video e le interviste utili ad aiutare il pubblico nel creare una propria opinione basata su fatti concreti e fonti attendibili che possono verificare in prima persona.
“Lungo il nostro percorso – continuano le ragazze – abbiamo creato anche un gesto il “Time Out, Fermati e Informati” un gesto universalmente conosciuto, che abbiamo voluto reinventare per dare più significato alla nostra campagna e fare in modo che i nostri follower potessero partecipare attivamente e abbracciare ReAct, inviandoci le loro foto che ripubblichiamo sulle nostre pagine”.
La campagna offline consiste nell’organizzazione di incontri formativi nelle scuole superiori della Sardegna, organizzati in collaborazione con Associazioni come Casa Emmaus, un centro SPRAR di prima accoglienza.
“Questo progetto è stato davvero importante anche per la nostra crescita personale e professionale: ci ha permesso di apprendere come si lavora in un grande Team e ci ha insegnato l’importanza dell’integrazione all’interno della società, perché solo così possiamo combattere l’estremismo violento”.
Quale l’antidoto alla disinformazione e alla superficialità con cui le persone condividono notizie in rete?
Molte persone, per il poco tempo a disposizione o per pigrizia, non approfondiscono le notizie che appaiono nelle bacheche dei vari social media. In questo modo si crea un circolo vizioso per il quale si sviluppano opinioni contrastanti, spesso animate dalla rabbia, offuscate dall’odio e guidate dall’ignoranza. Noi abbiamo provato a interrompere questo circolo vizioso condividendo dei contenuti multimediali, come dei video sviluppati da noi stessi, che risultano brevi ma incisivi e degli articoli di informazione e controinformazione che in modo chiaro e diretto vogliono smontare quelle che noi definiamo Fake News.
Quali le buone pratiche del progetto che state condividendo?
Il nostro approccio è semplice e pratico. La nostra campagna viene fatta online e allo stesso tempo viene rafforzata dagli incontri formativi nelle scuole. Con gli studenti ci rapportiamo da pari incentivando il confronto e aiutandoli ad andare oltre i pregiudizi e le false credenze alle quali sono esposti quotidianamente. Crediamo fermamente che partendo dagli studenti possiamo creare un effetto domino che coinvolga tutta la società.
Quanto i social network secondo voi contribuiscono a livellare le differenze di genere o quanto invece incrementano le possibilità di discriminazioni?
I social network sono mezzi molto potenti e possono avere effetti molto positivi ma anche molto negativi: dipende dall’uso che ne si fa. Sicuramente garantiscono a tutti la stessa possibilità di espressione, ma allo stesso tempo essendo contraddistinti da totale mancanza di regolazione possono enfatizzare le differenze, comprese quelle di genere.
Quali gli strumenti utili a smontare gli stereotipi di genere?
Sicuramente la cultura e l’educazione stimolati fin dall’infanzia che dovrebbe mirare a incoraggiare tutti nel perseguire le proprie aspirazioni, senza il timore di essere giudicati o rifiutati.