Immaginiamo di essere docenti. Non importa da quanto tempo, di quale scuola e di che paese del mondo. Siamo docenti. Prepariamo la nostra lezione, entriamo in classe ogni mattina, incontriamo bambini, ragazzi, giovani. Il nostro lavoro è formarli, prepararli al futuro, sviluppare le competenze per affrontare le sfide problematiche della società che sta cambiando, e noi cerchiamo di farlo al meglio, ci impegniamo ogni giorno per questo obiettivo, ce la mettiamo tutta.

flipped

Ma…

Loro non ci ascoltano, non studiano, non imparano, dormono sul banco, si annoiano, si Whatsappano i compiti, chattano su Facebook mentre spieghiamo, postano foto su Instagram, flirtano su Snapchat, cacciano Pokemon, videogiocano online con sconosciuti, copiano e incollano le ricerche da Wikipedia, guardano tutorial su YouTube, fanno domande a Google. Questi sono loro, i ragazzini del 21° secolo appena cominciato.

E noi?

Noi docenti, educatori del 21° secolo, non riconosciamo più questi alunni, questa scuola. Non è la nostra scuola, quella in cui siamo stati educati noi. C’è un abisso! La situazione che viviamo ci destabilizza, capovolge le nostre certezze, ribalta i nostri punti di riferimento. Ma noi, imperterriti, continuiamo con i nostri metodi, i nostri strumenti, quelli di una volta! Del resto perché cambiare? Si è sempre fatto così! L’insegnante spiega, gli alunni studiano, fanno i compiti, poi l’insegnante interroga, tutti, a turno, impreparato a chi non studia, ogni tanto un compito, una verifica scritta, guai a chi copia, e infine i voti, i confronti, le frustrazioni, le insoddisfazioni, il mondo che ti aspetta fuori. OK, fermiamoci un momento.

Vi va di fare un gioco?

Si alzi in piedi chi in classe non ha almeno un alunno:

  • dislessico, disgrafico, discalculico
  • straniero
  • con disturbi del comportamento
  • genio
  • con difficoltà di apprendimento
  • iperattivo
  • nerd
  • bullo
  • saputello
  • complessato
  • ipertecnologico
  • socialmente svantaggiato

Bene, non continuo perché siete già tutti in piedi. A questo punto…

  • un insegnante avveduto si sarà accorto che con questi alunni i metodi “tradizionali” non funzionano (si siedano gli insegnanti avveduti).
  • un insegnante coscienzioso si sarà messo in discussione e avrà valutato l’ipotesi di un cambiamento (si siedano gli insegnanti coscienziosi).
  • un insegnante intraprendente (si siedano anche questi) si sarà guardato intorno – magari sul web – e avrà scoperto che esiste la flipped classroom!

Fantastico! Ora che siete di nuovo tutti seduti è il momento di qualche considerazione.

Sapete già cos’è la flipped classroom?

All’inizio sembrava una delle tante strane mode – leggi “stravaganze passeggere” –  che arrivano dagli Stati Uniti, un’americanata insomma! Giunta nel nostro paese nel 2012 attraverso il libro scritto dai suoi due “inventori” Bergmann e Sams, divulgata tra gli insegnanti italiani da Maurizio Maglioni e Fabio Biscaro con “La classe capovolta” uscito nel febbraio 2014, ma soprattutto grazie all’omonimo gruppo Facebook ed i corsi-laboratorio online di , l’Associazione per la promozione della Didattica capovolta in Italia, oggi la classe capovolta si sta diffondendo in sempre più scuole italiane (vedi la mappa dei docenti capovolti).

Immagine tratta da http://flipnet.it/

Immagine tratta da http://flipnet.it/

Per capirne le motivazioni spieghiamo in breve in cosa consiste. Nella didattica capovolta non si tiene la tradizionale lezione frontale a scuola, ma i contenuti si condividono con gli alunni attraverso canali diversi dal solito, generalmente usando strumenti digitali perché i ragazzi possano fruirne con facilità e visualizzarli in autonomia da casa o da qualsiasi posto si trovino quando non sono a scuola, seguendo i propri ritmi di apprendimento. Il termine “capovolta” allude al fatto che c’è un’inversione del classico schema di insegnamento-apprendimento: la lezione viene “guardata” a casa sotto forma di video e le esercitazioni (banalizzando potremmo dire i compiti, ma non si tratta solo di questo!) si svolgono in classe sotto la supervisione del docente e in maniera cooperativa lavorando in gruppo con i compagni di classe, abituando così gli studenti a fare team.

Imparare da un video di 10 minuti un argomento che il prof avrebbe spiegato in un’ora di lezione in classe è senz’altro più vantaggioso. Gli alunni lo fanno più volentieri perché sono abituati a guardare i video: la loro multimedialità li rende più attraenti e facilita la comprensione e la memorizzazione, in particolare per gli alunni con Bisogni Educativi Speciali. E poi – qui sta il vero valore aggiunto della flipped classroom – nel tempo recuperato a scuola si possono fare tante belle attività in più con la classe, come ad esempio compiti autentici, sfide problematiche che simulano situazioni di vita reale e sviluppano negli alunni le competenze chiave per il 21° secolo

FlipNet ha formato – sia in presenza che online – migliaia di docenti nel giro di due anni, cioè da quando sono iniziate le sue attività di formazione e diffusione di questa “nuova metodologia” didattica in Italia. Anche se sarebbe più corretto parlare di “approccio” didattico, come sostiene la vice presidente dell’Associazione, Grazia Paladino, in quanto la vera metodologia legata alla flipped classroom è l’apprendimento cooperativo, il saper lavorare in gruppo, forse la competenza più importante – insieme ad “imparare ad imparare” – tra le 8 competenze chiave per l’apprendimento permanente indicate nella Raccomandazione del Parlamento Europeo del 2006.

Ecco, gli insegnanti capovolti lavorano principalmente per sviluppare queste competenze nei propri alunni, e possono permettersi il lusso di farlo perché – grazie al capovolgimento – dispongono di un terzo del tempo-scuola in più (quello “liberato dall’abolizione della lezione frontale) rispetto ai loro colleghi. Inoltre la flipped classroom – per come è strutturata – consente di mettere veramente in pratica un insegnamento personalizzato, dedicare più attenzione alla relazione con i propri alunni, promuovere la peer education, sviluppare competenze digitali, insegnare agli alunni ad autovalutarsi, stimolare la loro creatività.

Personalmente sono rimasta colpita fin da subito da questa metodologia, già nel lontano 2013 quando scrissi il mio primo articolo sulla flipped classroom proprio su Girl Geek Life. Da allora tantissime cose sono cambiate! La prima condizione per essere un insegnante capovolto è creare un sito didattico dove i propri alunni possono trovare le lezioni da studiare e i video da guardare, insomma un posto dove “depositare” il materiale di studio da visionare a casa e tramite il quale dare indicazioni su che tipo di attività svolgere per esercitarsi.

Io ho creato La classe attiva e ho cominciato a caricare videolezioni selfmade di grammatica e soprattutto di storia. Io ho la fortuna di avere tempo da dedicare a questa attività “creativa” e sinceramente anche divertente, seppur impegnativa. Per i docenti che, per vari motivi, non possono creare le videolezioni da sé,  la rete offre davvero tanto materiale e FlipNet ha pensato anche a questo con la creazione di un repository di video didattici divisi per materia e ordine di scuola.

Prima, giocando, è venuto fuori il quadro – abbastanza sconfortante – delle nostre classi. Molti insegnanti, pur provvisti di grande determinazione e forte motivazione, fanno fatica a fronteggiare la situazione e rischiano di perdere l’entusiasmo, l’amore per la propria professione. Io, con la flipped classroom, l’ho ritrovato e pian pianino sono riuscita a contagiare anche alcuni colleghi. Per non parlare dei ragazzi… loro si sono fatti coinvolgere da subito, le novità non li spaventano, anzi li stimolano! Prendiamo esempio da loro!

E per finire un appello in rima agli insegnanti intraprendenti…

“Quest’anno vi formate e il prossimo innovate, basta che cominciate: non ve ne pentirete!”