
In futuro i nostri dati personali saranno protetti sempre più frequentemente da sistemi basati sulla sicurezza biometrica. Con quali conseguenze?
Email, social network, internet banking, account personali e professionali: i nostri dati sono protetti in media da una decina di chiavi e password. Con l’avvento della biometria nei sistemi di sicurezza, non sarà più necessario ricordare codici (o domande segrete come il cognome da nubile di tua nonna) per accedere ai nostri pc o ai profili online. Ma che cos’è la sicurezza biometrica?
Il sistema di riconoscimento biometrico è un sistema informatico che ha lo scopo di verificare l’identità di una persona utilizzando dati derivanti da caratteristiche fisiche o comportamentali, quali, ad esempio le impronte digitali, la forma dell’iride o dell’orecchio o la fisionomia del volto.
Diversi dispositivi mobili si avvalgono, al momento, di sistemi del genere – pensiamo all’ iPhone 6 che si sblocca con l’impronta del dito indice.
Insomma, a uno sguardo superficiale la sicurezza biometrica apparirebbe come la svolta semplificatrice che ci permetterà di non doverci più appuntare centinaia di password o codici sull’agenda.
Ma non si tratta solo di questo. La biometria, in futuro non servirà solo a sbloccare un telefono, ma anche a compiere operazioni finanziarie e di investigazione. Il che pone non pochi quesiti sulla protezione dei dati e sulla privacy degli utenti.
Non possiamo “reimpostare” le nostre impronte digitali
Se perdo una password, se un mio account viene violato, esistono modi più o meno complessi per rimediare al danno e recuperare i dati. Ma cosa potrebbe accadere se un criminale informatico violasse dei dati protetti da caratteristiche biometriche? Non è possibile “reimpostare” o modificare la conformazione del proprio iride o la propria impronta digitale. Una volta che la violazione è avvenuta, è come aver utilizzato la medesima password per tutti gli account. Senza possibilità di rimediare.
Privacy e industrie della sicurezza
I dati biometrici possono rivelarsi molto utili anche nell’ambito della sicurezza pubblica. Associando a ogni individuo una “firma” unica e irripetibile basata sulle sue caratteristiche fisiche, si faciliterebbe l’identificazione, ad esempio, nelle immagini delle telecamere di sicurezza. Un esempio di questa applicazione dei dati biometrici è il software Suspect Search, sviluppato da Qognify, una compagnia che si occupa di sicurezza negli ambienti più sensibili –come gli aeroporti o le location di grandi eventi.
Il fine di Suspect Search è proprio quello di raccogliere un database di “firme biometriche”, in modo da rendere più agile la ricerca e il riconoscimento facciale di sospetti soggetti pericolosi tra migliaia di immagini provenienti dalle telecamere. Il software potrebbe far risparmiare alle forze di polizia molte ore in fase di investigazione.
Ma a quale prezzo?
I dati biometrici, così intrinsecamente legati all’identità personale vengono immagazzinati e analizzati da una compagnia privata. Senza consenso esplicito degli utenti.
L’avvento della biometria come strumento per la sicurezza pubblica pone con forza ancora maggiore la questione del trattamento consensuale dei dati, proprio per la natura delle informazioni raccolte: non codici, non indirizzi IP o numeri di carte di credito, ma qualcosa di profondamente nostro come le caratteristiche corporee. Che non possiamo modificare, e da cui è molto difficile dissociarsi.
L’industria biometrica procederà a passo spedito nei prossimi anni e rappresenterà il futuro delle industrie di sicurezza. Basterà sedersi di fronte al pc per sbloccarlo, ma occorrerà anche tenere conto di tutti i possibili rischi di questa rivoluzione che, solo in apparenza semplificherà le nostre abitudini digitali.
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