Cambia testa e potenzia la tua azienda con la cultura digitale è il libro di Rosa Giuffré che invita manager e titolari di piccole e medie imprese ad abbracciare il digitale senza averne paura

Rosa Giuffré

Rosa Giuffré

Dalle prime pagine del libro di Rosa Giuffré, consulente di comunicazione e blogger, ci si immedesima nel “sciur Bianchi”, destinatario immaginario del libro, ovvero nel piccolo imprenditore italiano un po’ refrattario al cambiamento. Quel Bianchi che non sa cosa sono i social network e li vieta ai dipendenti perché “ci perdono tempo”, quello che a un gestionale efficiente preferisce una segretaria in più, quello che non riesce a cogliere le opportunità del digitale e ne subisce ovviamente in modo passivo solo gli effetti negativi.

Dalle pagine emerge sempre con forza un messaggio positivo, un incoraggiamento a trovare nel digitale un aiuto, un supporto, un alleato e non un nemico. “Credo nel ben fare – afferma Rosa Giuffré – e soprattutto che i social network e il web, non sono un semplice strumento, ma via privilegiata per creare relazioni di grande valore oltre che una grande opportunità per sviluppare il business delle nostre PMI”.

Abbiamo chiesto a Rosa di approfondire qualche contenuto.

Si parla tanto di cultura digitale ma se dovessi spiegarla in una frase o in un esempio?

Io porto sempre questo esempio. Un giorno ricevi una grandissima sorpresa, hai vinto una Ferrari! WOW, te la consegnano e ti dicono questo è l’acceleratore e questo e il freno. Tu parti e non vedi l’ora di usarla… peccato che non sei su un circuito e se non rispetti le regole della strada rischi di mettere a repentaglio la tua vita e quella di altri.
Esagerato? Io credo di no. Ecco avere una cultura digitale significa questo: prima di pensare a fare è necessario acquisire consapevolezza dei propri limiti, obiettivi e possibilità che questo ambiente ci può regalare per poterlo usare al meglio. Sì perché il digitale è un ambiente ospitale che è abitato da persone che ha regole da conoscere se lo si vuole usare traendone i vantaggi maggiori.

Quali gli ostacoli maggiori alla sua diffusione nelle PMI?

L’attaccamento smisurato e viscerale al vecchio: vecchie dinamiche comunicative, vecchi processi organizzativi aziendali. Il ‘vecchio’ si conosce e inconsciamente ci rassicura. Il nuovo che non si conosce è una sfida. Da qui nascono molti errori: chi rifiuta, chi invece parte aprendo siti o fan page o acquistando tablet senza comprendere il perché farlo. Ecco perché il titolo del mio libro è innanzitutto ‘cambia testa’: cambiare l’approccio, la mentalità, il modo con cui ci rapportiamo con le persone siano esse collaboratori, dipendenti competitor o clienti è il primo punto da cui partire.

Quanto secondo te il modello di innovazione aperta potrebbe aiutare anche le piccole aziende?

Molto. Essere una social organization che utilizza la tecnologia, la digitalizzazione e i social per comunicare permette di abilitare concretamente il cambiamento e favorire contaminazione, idee, partnership. Pensiamo ad esempio alle community aziendali, alle community sui social o alle reti di imprese. Il tessuto aziendale italiano è fatto da molti piccoli che insieme con una visione più fluida e collaborativa possono fare molto. È finito il tempo di essere piccole isole. Chi va avanti a pensarla così è destinato a morire inesorabilmente.

Quali le buone pratiche attuate in Italia a supporto della diffusione della cultura digitale in azienda?

L’attività principale è la formazione. Formazione in azienda, per manager, per dipendenti; formazione nelle associazioni di categoria, formazione che non miri solo a ricevere nozioni che “eventualmente” potranno essere applicate anche nella propria azienda, ma nozioni da trasformare in azioni. L’approccio alla formazione è fondamentale, la motivazione che ti spinge a formarti fa la vera differenza. Non basta proporre un incentivo allo sviluppo tecnologico per credere di aver abbracciato una trasformazione vera di cultura digitale. Certo, è fondamentale anche questo, ma se non c’è apertura e la vera voglia di voler cambiare tutto sarà inutile.

Quale il ruolo della scuola nella diffusione della cultura digitale?

Fondamentale. Molte sono ricerche che riporto anche nel libro e che purtroppo testimoniano quanto in Italia il divario tecnologico delle aziende e nelle scuole è altissimo rispetto ad alti paesi europei. A scuola è necessaria un’educazione al digitale e alle tecnologie. Non serve solo essere ‘smanettoni’, ma comprendere e sviluppare progetti e idee che poi andranno ad integrarsi con le aziende. Un’azienda aperta tenderà a inglobare giovani digitali perché pronti e veloci nell’utilizzo di devices e dinamiche comunicative che le ‘vecchie guardie aziendali’ non riuscirebbero più con nessun corso a imparare. Allo stesso modo il background aziendale di queste persone, l’esperienza sul campo che i giovani non hanno farà da collante: cultura digitale è anche questo! Anche in Europa finalmente stanno nascendo Campus in cui i ragazzi seguiti dalle aziende possono sviluppare idee integrando tradizione e futuro. Vecchio e nuovo insieme per creare innovazione e delineare nuovi percorsi che rilanceranno con successo e verso il futuro anche le nostre PMI.

…certo, c’è ancora molto da fare, ma siamo qui per questo. L’importante è iniziare col passo giusto perché come dice la frase di Denis Waitley: “Ci sono sempre due scelte nella vita: accettare le condizioni in cui viviamo o assumersi la responsabilità di cambiarle”