
Raccontare storie non è cosa da tutti (e neppure cosa banale). Ci vuole competenza e passione come spiega in questa intervista Annamaria Anelli, formatrice e business writer

Anna Maria Anelli
“Le parole scritte mi inseguono fin dalle elementari. A me piaceva da matti fare i temi e davanti a una pagina bianca mi sembrava di sognare. Ne ho fatto il mio lavoro. Sono moooolto fortunata”. Così si presenta Annamaria Anelli nel suo sito. Noi le abbiamo chiesto di accompagnarci alla scoperta dell’arte di raccontare storie, quella cosa che oggi molti chiamano “storytellng”.
Che cos’è lo storytelling e perché è importante saperlo utilizzare?
Lo storytelling è la capacità di raccontare storie. E noi amiamo le storie: quelle del cinema, dei libri, delle riviste, dei fumetti, dei video di youtube, della televisione, degli status di facebook. Ci piace ascoltare storie e ci piace raccontarle perché è la modalità più semplice che abbiamo per imparare come funzionano le relazioni umane. Quindi, quando usiamo lo storytelling per lavoro, in realtà ricalchiamo la propensione umana a raccontare storie e a imparare attraverso di esse come funziona il mondo.
Se capiamo come mai funzionano le storie che funzionano, diventiamo capaci di vendere qualsiasi cosa. Anche noi stessi. Ecco che vedo occhi sgranati. Il verbo vendere ci rende subito cupi e sospettosi, ma io intendo il verbo vendere nel senso di convincere le altre persone a seguirci. A seguire la nostra idea, a darci quell’incarico per cui sappiamo che saremo bravissimi, a dare il 5×1000 alla fondazione dei gatti randagi, a scegliere noi e non un’altra per quel lavoro e magari, anche, certo, a comprare l’auto che stiamo vendendo.
Quali sono gli strumenti da usare?
Il mio approccio allo storytelling è quello di una professionista della scrittura, quindi il mio punto di vista si concentra soprattutto sull’uso delle parole scritte. Per me lo storytelling è entrare in sintonia con l’altro, ha un fondamento prima di tutto relazionale. Tu riesci a immaginare prima e a scrivere dopo una storia che convince l’altro a seguirti se prima crei un terreno di fiducia sul quale entrambi potete sedervi a chiacchierare.
E questo terreno è il frutto di un’attenzione estrema alle parole che l’altra persona usa, ai suoi modi di raccontarti come vede le cose, alle sue parole “calde”, alle parole che non vuole nemmeno sentire e che gli provocano un immediato travaso di bile. Se tu ascolti nel senso proprio del termine come l’altra persona si esprime – a voce e per scritto – puoi entrare davvero nelle sue corde, spartire con lei quelle parole, seguirla nei suoi moti del cuore e poi portarla con te. Con te nel mondo che le prepari e nel quale ti ascolterà, ti darà retta e ti seguirà perché ti sentirà simile, le risuonerai. E questo mondo non è altro che la narrazione di una situazione, di un momento, di una vita all’interno della quale l’altro si sentirà a casa. Così ti voterà, di darà un lavoro, ti amerà oppure, certo, anche, comprerà l’auto che vuoi vendergli.
In due parole: ascoltare, studiare, avvicinarsi all’altro, creare un terreno di fiducia e, solo allora, convincerlo a seguirti. In due parole davvero: ascolto e amore per le parole.
Le 3 principali regole da seguire
Qui vado netta:
Uno. Rifuggire le parole vuote, le frasi fatte e i luoghi comuni: i neuroscienziati ci dicono che il nostro cervello ha imparato a rifuggire le overused words. Semplicemente, quando sentiamo puzza di stereotipi, disattiviamo l’attenzione. Che cosa vuol dire nel nostro caso? Che le storie necessitano di archetipi, non di stereotipi. Gli archetipi sono modelli innati di funzionamento del mondo che ci portiamo dietro e che ci insegnano a riconoscere e a barcamenarci nelle nostre relazioni con gli altri: li abbiamo introiettati per la prima volta ascoltando le favole, sentiti agire nei nostri sogni, amati o odiati nelle leggende e nelle Grandi Storie che abbiamo incontrato dalla scuola in poi e che oggi ci incantano nelle serie dalle quali non riusciamo a scollarci.
Gli stereotipi sono la loro deriva: sono considerazioni sulla realtà trasformate in categorie precostituite e semplicistiche che si ripetono immutate a proposito di fatti e persone. Un esempio duro a morire? Quello della casalinga che bacia marito e figli la mattina, chiude la porta di casa e si mette a stirare. Quello che nella recente pubblicità di pannolini persevera a sostenere il mondo dei pannolini rosa con le bambine che si emozionano e danno da mangiare ai bambolotti e quello dei pannolini blu dove i bambini giocano con le navi spaziali e si preparano a un futuro di capi di stato.
Due. Esercitarsi con la scrittura il più possibile: io sostengo che non si parte raccontando una storia, ma decodificando il contenuto di una circolare, rispondendo a decine di mail, riscrivendo testi scritti nel peggiore burocrate possibile. Solo con la pratica la scrittura acquisisce quella fluidità che poi può mettere a disposizione di una storia che funziona.
Tre. Appassionarsi alla serialità. Io sto per immergermi nelle 11 (!!) stagioni di Grey’s Anatomy; ho visto tutta la saga di Lie to me e bevuto tutte le puntate di Sherlock. Studiare i meccanismi delle storie là dove le storie si palesano e acchiappano l’ammirazione e l’amore di tante persone. Soprattutto non perdersi nemmeno 5 minuti della serie True Detective (quella con Matthew McConaughey, esatto): guardarla una volta per amare Mattew, poi riguardarla per capire come la storia è stata costruita, poi riascoltare i dialoghi. Esempio, per me, inarrivabile (chi conosce bene l’inglese può in più apprezzare le sfumature della lingua, io l’ho amato, ma in italiano).
Suggerimenti su libri, newsletter, film, serie tv che possono aiutare?
Story. Contenuti, struttura, stile, principi per la sceneggiatura e per l’arte di scrivere storie, di Robert McKee. Un libro fondamentale che insegna come costruire una sceneggiatura di successo, ma che, in realtà, spiega come scrivere storie in generale. Bellissimo, da leggere senza se e senza ma.
Newsletter che sono esempi di formidabile storytelling: leggendole si imparano un sacco di cose utili. Mi vengono in mente quelle di Peter&Wendy, di Medium e di Nuovo e Utile, ma ce ne sono davvero tantissime.
Serie Tv (vedi prima).
Film minori, cartoni animati, colossal: guardare tutto.
Suggerimenti da non perdere sono contenuti in questo post di Mafe de Baggis, mia partner nel Digital Update Storytelling e Content Strategy.
Dimenticavo: leggere i classici così come la lettura pop. Insomma, tutto.
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L’arte di raccontare storie. Valore e “potere” dello #storytelling nell’intervista a @pannaanelli via @girlgeeklife http://t.co/BXiQPn8CZu
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