Lena  è una game designer del Copenhagen Game Collective, un collettivo di artisti e designer che riadattano i tradizionali giochi da strada alla luce della tecnologia.

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Il risultato sono gli urban games: giochi collettivi pensati per essere svolti nello spazio urbano. Le città si trasformano in grandi campi da gioco dove ognuno interagisce con l’altro in modo del tutto inusuale. Ed è proprio questo uno dei motivi che hanno spinto Lena a passare dal teatro al progettare urban games.

Lena oggi sarà a Game Happens! a Genova, e noi di Girl Geek Life abbiamo colto l’occasione per intervistarla.

Ciao Lena, raccontaci cosa ti ha spinto ad avvicinarti al mondo degli urban games.

Provengo da una formazione teatrale ma ho sempre sentito che il teatro fosse troppo limitato per il modo in cui funziona o, per meglio dire, in cui non funziona con l’audience. Per questa ragione iniziai a cercare altri strumenti per riuscire a coinvolgere gli spettatori in modo attivo. Un giorno mi imbattei in un invito per un workshop di urban games tenuto all’interno di un festival di teatro a Praga. Il workshop era organizzato da un gruppo di Berlino chiamato Invisible Playground. Passai una giornata straordinaria ad imparare cosa fossero e come funzionassero i giochi urbani. E fu lì che realizzai che quello era proprio il collegamento con gli spettatori che stavo cercando. È da allora che cerco di stimolare le interazioni umane nei luoghi pubblici attraverso lo strumento degli urban games.

Oggi interverrai a Game Happens! a Genova e porterai il tuo gioco Idiots Attack The Top Noodle per farlo provare ai partecipanti. Ci spieghi come funziona?

Immaginate di essere nel futuro, dove l’élite degli intellettuali ha oltrepassato i limiti della mente e adesso controlla masse…di idioti! Per liberarsi gli idioti cercano di mangiare il cervello del leader degli intellettuali, il Top Noodle. Si dice infatti che se mangi il cervello di un intellettuale, diventi tu stesso uno di loro. Dal punto di vista tecnico si utilizzano dei Move Controller governati da uno scanner celebrare, indossato dagli intellettuali. Ma il potere della stupidità può ancora essere indomabile.

Negli urban games fino a che punto è importante la tecnologia rispetto alla socializzazione?

La tecnologia serve come strumento e ispirazione nei miei giochi. Provenendo dal teatro sono molto interessata a come, per esempio, la tecnologia possa rendere anche un semplice esercizio un gioco. Monkey See Monkey Mime, un altro gioco del Copenhagen Game Collective, ne è un esempio. Il semplice gesto di mimare la danza di un altro giocatore è trasformato in un gioco attraverso il Move Controller, misurando la precisione con cui ogni giocatore si muove. Ciò nonostante l’interazione sociale rimane il fulcro del mio processo di game designing. La ragione per la quale mi sono focalizzata sugli urban games è infatti che questi creano uno spazio comune dove poter incontrare e interagire in modo insolito con gli sconosciuti, abbattendo le barriere personali e creando nuove storie.

Da dove nasce l’idea di un nuovo gioco?

La città e i suoi ambienti sono sempre stati una grande fonte di ispirazione per me. Amo osservare come le persone si muovono e interagiscono negli spazi pubblici. Come anche i modelli nello spazio che le strade creano. La psicogeografia è un modo interessante di guardare ai luoghi in cui viviamo. Anche semplici passeggiate senza uno scopo preciso sono un ottimo modo per lasciar andare la nostra immaginazione. Traggo le idee per nuovi giochi dall’osservazione degli spazi intorno a me o da temi che mi interessano. A volte i giochi sono commissionati dalle gallerie, ma in quel caso le idee sono prevalentemente determinate dal tema della mostra.

Oltre ad essere una game designer sei impegnata anche nel progetto Spilvaerk per promuovere l’apprendimento attraverso la progettazione dei giochi. Cosa può dare in più una formazione di questo tipo rispetto ad una tradizionale?

Molti bambini oggi stanno crescendo attraverso lo strumento dei giochi come forma principale di intrattenimento. L’uso formativo dei giochi può essere, dunque, una chiave per motivarli. Credo poi che imparare a progettare dei giochi possa fornire una base significativa per imparare un vasto numero di skills necessarie poi a svilupparIi. In ultimo, attraverso l’analisi dei giochi, i bambini possono raggiungere una conoscenza più profonda dei sistemi in generale che li aiuta a creare un’interpretazione del mondo come sistema olistico che contiene al suo interno altri sistemi interconnessi.

Quali progetti per il futuro?

Ho molte cose in progetto per il futuro. Vorrei diffondere la voce di un differente approccio all’educazione attraverso Spilvaerk, fare una conferenza sul tema delle Playful City insieme alla game designer danese Astrid Mie Refstrup e poi finire la mia formazione presso l’IT University of Copenhagen.