Dopo una lunga attesa arriva in Europa il primo smartphone con sistema operativo Ubuntu Touch, frutto del lavoro che viene portato avanti dalla comunità di Ubuntu e Canonical da oltre due anni.
Abbiamo chiesto a Carla Sella di raccontarci com’è, e come ci siamo arrivati. Carla fa parte della comunità italiana di Ubuntu e da anni dedica una buona parte del suo tempo libero a questo progetto.
Carla raccontaci di questo telefono: com’è?
Io ne sono entusiasta! Sarà anche perché sto seguendo questo progetto dagli inizi e ho visto quanto è migliorato nel tempo. C‘è ancora parecchio lavoro da fare, ma sono convinta che il risultato sia ottimo. Ubuntu Touch è studiato per essere semplice da usare ed intuitivo. È bello da vedere in quanto anche il design è stato studiato nei particolari in modo da rendere le Core App (le principali applicazioni scritte da Comunità Ubuntu e Canonical) graficamente coerenti e con le stesse funzionalità di base. Sto usando Ubuntu Touch sul mio smartphone principale da qualche tempo e ti assicuro che adesso tornare ad usare un altro sistema operativo su smartphone mi fa capire quanto Ubuntu Touch sia più semplice ed intuitivo rispetto agli altri.
Per me la cosa più bella è che Ubuntu Touch è Ubuntu e quindi tecnicamente hai uno smartphone su cui potresti fare quello che vuoi, sviluppare le tue app o installarci il software che vuoi e soprattutto è open source. È sia per “smanettoni“ che per principianti, accontenta entrambi.
Uno degli aspetti più interessanti è che viene vissuto un po’ come “il telefono della comunità”, come ci si è arrivati?
Ubuntu e quindi di conseguenza Ubuntu Touch è un sistema operativo open source a cui collabora la Comunità Ubuntu che è fatta di persone come me piene di passione per l’informatica, che lavorano a questo progetto gratuitamente nel loro tempo libero. Poi c‘è Canonical dietro le quinte che coordina tutti in modo che si riescano a raggiungere determinati obbiettivi senza disperdere le risorse. La cosa più bella è poter collaborare con persone provenienti da tutte le parti del mondo, con le conoscenze più diverse, per creare qualcosa che poi sarà utile a tutti. In più è open source: chiunque può prendere il codice e farci quello che vuole. È molto stimolante poter collaborare ad un progetto che sai essere utile a tutti e accessibile gratuitamente.
Con la tua notevole attività nel team di QA (Carla è tra i 10 tester più attivi a livello mondiale!), questo risultato è un po’ anche tuo. Qual è stato il tuo contributo a Ubuntu Touch?
Ho iniziato a collaborare a Ubuntu testando le ISO giornaliere, dei nuovi rilasci e facendo test sul mio notebook. Da qui mi si è aperto un mondo fantastico. Ho avuto la fortuna di essere invitata a partecipare a un UDS (Ubuntu Developer Summit), UDS-R di Copenhagen in Danimarca, che tra l’altro è stato anche l’ultimo: da allora si è passati agli UOS (Ubuntu Online Summit). Partecipando all’UDS ho avuto l’opportunità di conoscere di persona la Comunità Ubuntu internazionale e i dipendenti di Canonical, ho scoperto un mondo veramente stimolante e fantastico, sono rimasta molto colpita dall’ambiente collaborativo e amichevole. Grazie a Nicholas Skaggs (Capo del Ubuntu QA Team) ho avuto l’opportunità di crescere contribuendo ai test di Ubuntu Touch.
Nicholas mi ha spinto a fare cose sempre più complesse nel mondo testing fino ad arrivare a scrivere test automatizzati usando Autopilot (la libreria in linguaggio Python usata per scrivere test funzionali). Siamo passati dai test solamente manuali a test automatizzati che vengono eseguiti ogni giorno e più volte al giorno sia sulle ISO che sulle App di Ubuntu Touch sui server Canonical. Grazie ai test automatizzati, quando gli sviluppatori scrivono del codice nuovo per Ubuntu, se hanno fatto degli errori, questi vengono rilevati dal sistema di testing automatico e quindi si interviene subito a correggere l’errore prima che questo arrivi all’utente finale.
Il bello di tutto questo è che mi diverto pure! Mi piace affrontare ogni compito che Nicholas mi assegna come una sfida personale, quando riesco nell’intento la gioia e la soddisfazione che provo sono indescrivibili. Mi ritengo veramente fortunata ad avere l’opportunità di collaborare con delle persone così in gamba e piene di entusiasmo nel rendere Ubuntu sempre migliore e moderno.
Come si arriva a contribuire ad un progetto open source come questo?
Mi piace una frase di Aaron Swartz che ho fatto diventare “il mio motto” : “Be curious. Read widely. Try new things. What people call intelligence just boils down to curiosity.” (Sìì curioso. Leggi di tutto. Prova cose nuove. Quello che la gente definisce intelligenza è il risultato della curiosità).
Penso di essere arrivata a contribuire a un progetto come questo proprio per la mia sete di conoscenza nel campo informatico, e anche grazie ad un pizzico di fortuna.
La fortuna di conoscere delle persone che mi hanno parlato della Comunità Ubuntu e che mi hanno convinto a provare a contribuire (senza fare nomi: Dario Cavedon).
Poi da questo, mi ha guidata la voglia di provare cose sempre nuove e più complesse mista ad una grande tenacia e caparbietà, e alla voglia di riuscire in tutto quello che provavo (beh tutto, dài, quasi tutto!). Ma lo stimolo più grande me lo ha dato Nicholas Skaggs che ha sempre alimentato la mia voglia di fare e conoscere, dandomi la possibilità di crescere nel tempo.
Insomma, ci vogliono curiosità, tenacia ma anche la possibilità di essere messi in contatto con le persone giuste e qui si vede il buon lavoro fatto dalla Comunità Ubuntu Italiana che mi ha dato la possibilità conoscere il mondo che gira attorno ad Ubuntu.
Se anche tu vuoi iniziare a contribuire ad un progetto open source, imparare cose nuove e conoscere tante persone appassionate di nuove tecnologie, scrivimi o entra in contatto con la comunità italiana di Ubuntu!
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@SilviaBindelli @ubuntuit @letozaf @girlgeeklife Ubuntu dovrebbe stare sui PC della P.A. a cazzeggiare con lo smarthphone mi basta Apple….
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.@PippoTigre62 Ubuntu vuole essere un sistema universale, gli smartphone sono il prossimo passo @SilviaBindelli @letozaf @girlgeeklife
Complimenti davvero a Carla! 🙂