Non potevamo non selezionare da Tech Economy, questa settimana, la notizia dell’introduzione in Italia della cosidetta Web tax o Google tax, che costringe i giganti del Web, da Google ad Amazon, ad aprire una partita iva italiana. Nonostante le polemiche che si sono generate per questa decisione, probabilmente contraria al libero mercato, l’Italia sembra voler primeggiare. Non in innovazione. Non in servizi digitali. Non in cultura digitale. L’unico primato che il bel Paese porta a casa è quello di adottare per primo un provvedimento probabilmente poco sensato e tutto da rivedere.

web tax - Foto di Vistavision, Flickr

web tax – Foto di Vistavision, Flickr

L’Italia, con un emendamento alla legge di stabilità approvato dalla commissione Bilancio della Camera, fa da apripista nel mondo e introduce la cosiddetta Web tax, sulla quale a Bruxelles si discute da diversi mesi. La nuova imposta prevede che “i soggetti passivi che intendano acquistare servizi online, sia come commercio elettronico diretto che indiretto, anche attraverso centri media ed operatori terzi, sono obbligati ad acquistarli da soggetti titolari di una partita iva italiana”. Come a dire che i grandi del web devono necessariamente aprire una posizione iva in Italia.

In questo modo i volumi di vendita realizzati in Italia (sia nella vendita di pubblicità che nell’e-commerce, che nel gioco on line) sarebbero anche fatturati nel nostro Paese, con il conseguente gettito, mentre oggi vengono fatturati in altri paesi con regimi fiscali agevolati (per esempio l’Irlanda). La commissione ha pure approvato un emendamento che mira alla tracciabilità: esso stabilisce che l’acquisto di servizi di pubblicità on-line deve essere effettuato mediante bonifico bancario o postale.

Da molti visto come un enorme ostacolo all’espansione dell’economia digitale di cui, invece, l’Italia e l’Europa hanno bisogno, il provvedimento secondo molti è palesemente in contrasto con i princìpi del mercato unico e della libera circolazione dei servizi, tanto che si potrebbe palesare per l’Italia anche l’apertura di possibili procedimenti d’infrazione.  D’altra parte, però, è la stessa Europa ad aver avviato in questi anni una dura lotta alle grandi del web, sospettate di evasione fiscale.

Qualcuno in questi giorni ha anche affermato che questa dell’Italia è una scelta coraggiosa. Forse pensava alla famosa frase di Maradona che diceva che i rigori li sbaglia solo chi ha il coraggio di tirarli. Ma in questo caso più che di rigore stiamo forse parlando di autogol…

Aggiornamento: proprio stanotte c’è stata una modifica la testo della norma, come sostiene Francesco Boccia via Twitter: