flipped classroom
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Foto di Emory Maiden

Innovare la didattica grazie alle nuove tecnologie è un tema su cui molto si teorizza in attesa che maggiori risorse sul capitolo “infrastrutturazione digitale della scuola” possano essere d’impulso al cambiamento. Intanto un fatto è certo: cosa possa succedere quando la didattica incontra le nuove tecnologia è una sfida in gran parte da sperimentare.

Un spinta sull’acceleratore verso l’applicazione del modello che più sta facendo parlare di sé è stata data dal progetto Flipped classroom e mobile learning: la scuola va in onda avviato in quattro istituti scolastici del cuneese con una sperimentazione biennale di tutto rispetto.

Partita con l’anno scolastico 2012/2013 nellIstituto Comprensivo di Villanova Mondovì – capofila – in rete con la Scuola Media Unificata di Cuneo, l’Istituto Comprensivo “Maria Isoardo” di Centallo, l’Istituto comprensivo “Duccio Galimberti” di Bernezzo, proprio in questi giorni di inizio anno scolastico sta entrando nel vivo della sua seconda fase.

Daniela Tomatis, l’insegnante referente del progetto, ci aiuta capire come alla base di un’idea così ambiziosa ci sia la convinzione che la scuola debba mettersi in gioco in un mondo in cui conoscenze “infinite e a portata di click” stanno cambiando profondamente il concetto stesso di sapere e di apprendimento.

Si, perché nella “classe ribaltata”, cambia tutto, a iniziare dal ruolo dell’insegnante. 

«Il ruolo dell’insegnante tra i digital native – ci spiega – non può più essere quello del “saggio di cattedra” dispensatore di nozioni, ne prendiamo atto quotidianamente. Il contesto evolve rapidamente: i lavori di domani, oggi, forse neppure esistono per questo ai giovani servono competenze non nozioni. Un apprendimento collaborativo ed esperienziale, che favorisca l’interazione e sviluppi il potenziale creativo, è decisamente più adatto allo scopo.

Nella flipped classroom l’insegnante diventa “allenatore” e guida a fianco dello studente con il compito di aiutarlo a destreggiarsi tra le miriade d’informazioni disponibili, di favorire lo sviluppo di un pensiero critico».

La flipped classroom come luogo per “imparare facendo”, come si traduce nella pratica?

Gli oggetti di apprendimento sono prodotti multimediali – ebook, video tutorial, podcast e altri strumenti appositamente predisposti – che, una volta pubblicati in rete, diventano accessibili da tutti con modalità personalizzabili. Saranno questi a fornire le informazioni che ciascun alunno fruirà personalmente fuori del tempo e dello spazio in classe.

In classe, invece, metteremo in pratica una modalità attiva, di tipo esperienziale e collaborativo, in un contesto altamente innovativo e motivante. Nel nostro progetto poco per volta gli allievi da fruitori diventeranno creatori dei contenuti: ragazzi e docenti dovranno collaborare per produrre oggetti di apprendimento e contribuire a creare una banca dati a disposizione di tutti.

In che modo il modello flipped classroom può rispondere al bisogno di una didattica personalizzata, su misura?

Con la flipped classroom il lavoro di base, che è la fruizione dei contenuti viene svolto individualmente dall’allievo con tempi e modalità personalizzate. Per farlo è dotato di iPad per accedere ai contenuti, con modi e tempi suoi, in modo da non perdere nessun passaggio, ma anche per interagire con loro. Il tempo in classe viene utilizzato per le attività di livello più avanzato, con la guida dell’insegnante, il supporto e la condivisione attraverso modalità peer e metodi di lavoro di gruppo. Anche il lavoro in classe potrà, quindi, rispettare al meglio i tempi di apprendimento di ciascuno, permettere azioni di rinforzo mirate, lavori di gruppo che facciano emergere, attraverso il confronto, i dubbi, offrendo stimoli concreti ed esperienziali ma anche la possibilità da parte degli allievi di rielaborare e rendere vivi i contenuti.

Dall’idea alla messa in pratica, come vi siete mossi?

Sicuramente il bando sull’innovazione didattica della Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo – che ci ha selezionati come miglior progetto – è stata l’opportunità concreta per dar gambe a un’ idea che si è avvalsa dell’importante lavoro in rete tra Istituti scolastici avviata da tempo. La dotazione finanziaria (82mila euro) ci sta permettendo di rispondere a tutte le esigenze della sperimentazione ma, aspetto non secondario, ci ha portati a progettare in base a obiettivi e tempi specifici e questo è stato fondamentale per muoverci in modo coordinato, per superare la fatica e gli ostacoli di un coordinamento in rete.

La prima fase del vostro progetto ha previsto invece attività di formazione per gli insegnanti, come l’avete affrontata?

E’ stato il nostro punto di partenza, non poteva essere altrimenti. Abbiamo pensato a un percorso di formazione di alto livello sotto il profilo dell’innovazione con esperti di fama internazionale.

Emiliano Poddi (scrittore e autore teatrale) ed Elena Varvello (poetessa, scrittrice e insegnante presso la scuola Holden) hanno fornito un approfondimento sui linguaggi emotivi e artistici attraverso le potenzialità espressive delle nuove tecnologie.

Nik Peachey (insegnante di Media and Technology presso la University of Westminster) ha tenuto un corso intensivo (rigorosamente senza utilizzo della carta!) sul modello teorico della flipped classroom e sulle potenzialità didattiche degli Ipad.

La formazione tecnica è stata completata da Alberto Pian (autore del libro Ipad in classe: il metodo) che ha offerto esempi concreti su come integrare gli strumenti mobili nella didattica quotidiana e come utilizzarli per oggetti didattici.

La formazione ha coinvolto in modo mirato gli insegnanti raggiungendo anche numeri importanti. La conferenza di Nik Peachey, ad esempio, è stata seguita da un centinaio di insegnanti e questo ha permesso di sensibilizzare in modo diffuso al cambiamento. In generale è stata importante per rafforzare le competenze e le motivazioni rispetto al nuovo modello.

Con il nuovo anno scolastico si parte con la fase applicativa: IPAD in classe.

Sì, sto personalmente sperimentando in una classe l’insegnamento dell’inglese. I ragazzi sono dotati di IPad con cui possono fruire dei contenuti, produrre prodotti multimediali e comunicare attraverso il blog con l’insegnante. Quindi siamo costantemente connessi e il blog è la modalità che mi permette di coinvolgerli e di verificare costantemente il livello di apprendimento per preparare in modo mirato l’attività in classe. Insomma, anch’io faccio i compiti a casa anche se con modalità differenti rispetto alla scuola tradizionale.

Insegnanti e studenti sono pronti a questa sfida? qualche consiglio.

Il cambiamento non è semplice e neppure scontato: agli insegnanti richiede sicuramente la voglia di affrontare nuove opportunità e di stare al passo con quanto avviene nella società. La scuola non può perdere questa sfida ma certo non è facile superare la sfiducia, affrontare tutti i piccoli e grandi ostacoli burocratici che ci paralizzano.

Definire un progetto, affrontarne con gradualità la realizzazione e puntare sulla formazione degli insegnati è stato per noi il modo per affrontare il cambiamento. Le resistenze ci sono, gli entusiasmi vanno rinfocolati ma le sorprese sono state molte, direi che hanno rafforzato la motivazione a continuare: oggi siamo pronti per la sperimentazione, un passo alla volta, attenti a modificare in itinere i percorso.

Intervista realizzata da Roberta Dho
@robidho