
Puoi essere interessata al mondo dei giochi oppure no, ma leggendo il libro Rise of the Videogame Zinesters (Seven Stories Press, 2012) respiri un’aria di rivoluzione culturale che instilla puro ottimismo. Anna Anthropy dedica buona parte del libro a raccontare attraverso i propri occhi come i videogame sono un mezzo di comunicazione ed espressione a cui tutte le persone dovrebbero avvicinarsi, non come fruitrici ma come autrici.
L’esperienza di gioco emerge da un sistema complesso che veicola informazioni esplicite (la storia, i dialoghi o la grafica) e implicite (le regole, gli effetti predefiniti). Questo sistema è un potentissimo mezzo che veicola i valori di chi il gioco lo plasma, dall’autrice appunto.
Spazio agli hobbisti
Cosa significa il termine “zinesters” del titolo? Il riferimento è quello delle “zine“, un’abbreviazione di fanzine cioè le pubblicazioni indipendenti spesso create solo con l’aiuto di una fotocopiatrice e una pinzatrice e distribuite all’interno di gruppi di appassionati. Allo stesso modo, questa dinamica oggi si ripropone in formato digitale nel mondo dei giochi grazie alle comunità online.
Da sempre i fan si sono attivati per modificare giochi, creare proprie versioni a partire da titoli famosi, o realizzare storie a partire da qualcosa di preesistente. D’altra parte è dalla metà degli anni Novanta che si parla di mod e di machinima. La differenza è l’accesso alla tecnologia, non più limitato ai soli appassionati. Molti strumenti per il game development siano infatti alla portata di tutte le persone, dice Anna Anthropy. Ed è per questo che anche noi di Girl Geek Life ne abbiamo parlato.

Rise of the Videogame Zinesters di Anna Anthropy
Innovare a zero budget
Rise of the Videogame Zinesters è un manifesto, una chiamata alle armi per costruire una nuova industria videoludica, lontana dalle logiche commerciali delle multinazionali che investono cinque-sei anni di sviluppo e budget da capogiro che competono con quelli del cinema. È di pochi giorni fa la notizia del nuovo record di Grand Theft Auto V costato oltre 200 milioni di euro, secondo soltanto al budget del film Pirata dei Caraibi – Ai confini del mondo che ha raggiunto quota 227 milioni di euro. Queste produzioni non fanno altro che migliorare tecnica e grafica, alla ricerca del fotorealismo, ma senza mai innovare, e infatti troviamo solo sequel di saghe di successo che ripropongono gli stessi personaggi, le stesse storie. In questo contesto che i piccoli giochi indipendenti e personali possono scardinare le logiche business e riportare l’attenzione sul contenuto, sul messaggio che si vuole comunicare. Perché la pluralità di autrici e autori genera altrettante visioni e storie che mai le multinazionali potranno affrontare.
È ora di mettersi alla prova
Qualsiasi esperienza può essere fonte di ispirazione per un gioco personale: ricordi di episodi passati, speranze o paure per il futuro, una giornata di lavoro, la perdita del lavoro, ostacoli fisici o metaforici, relazioni, cartoline, quotidianità o straordinarietà. Nell’ultima parte del libro, Anna Anthropy indica gli 11 passi da compiere per creare il primo gioco:
- Scegli un tool: cerca il più adatto a te tra quelli per principianti;
- Presenta un personaggio: può essere una persona, un animale o un simbolo astratto – descrivilo, disegnalo, ritaglialo da una fotografia;
- Insegna al tuo personaggio come comportarsi: usa il tool per gestire come il personaggio si muove, salta o tutto quello che vuoi che faccia;
- Presenta un secondo personaggio: qual è la relazione con il primo? Potrebbe essere un nemico, un aiuto o un obiettivo da raggiungere;
- Fai un po’ di rumore: aggiungi effetti sonori, puoi trovarli gratuiti online, registrarli direttamente dal computer o generarli con un software;
- Aumenta il numero dei verbi: pensa a ogni azione in termini di verbi (muovi, salta, colleziona) e aggiungi altri verbi, nuovi modi di interagire;
- Progetta un livello: può essere una parte del mondo, una stanza o una sequenza di eventi che deve essere affrontata da chi gioca;
- Finisci la storia: rivedi il gioco dall’inizio alla fine e completa tutte le parti che ti sembrano scollegate aggiungendo le motivazioni mancanti;
- Fai provare a qualcuno il gioco e poi cambialo: cerca impressioni e pareri, non aspettare che sia perfetto (perché probabilmente non lo sarà);
- Distribuisci il tuo gioco: caricalo sul tuo spazio web oppure scegli un servizio di file sharing e condividi il link su tutti i tuoi profili online – crea un profilo su Indie DB e su Game Jolt, segnala il gioco nelle community del tool che hai usato e anche alle redazioni di Free Indie Games e IndieGames.com;
- Ricomincia con un altro gioco: sfrutta tutto quello che hai imparato dal tuo primo gioco per crearne un altro ricominciando dal punto 1.
Un gioco autobiografico: Dys4ia
Il manifesto di Anna Anthropy è uscito nel 2012 in contemporanea con uno dei suoi giochi più apprezzati a livello internazionale: Dys4ia. Disponibile gratuitamente sul portale Newgrounds è un videogame autobiografico incentrato sulla terapia ormonale; disforia di genere è infatti un termine che indica i disturbi dell’identità di genere, quando c’è una dissonanza tra il genere riconosciuto dalla società e quello percepito. L’esperienza dura non più di cinque minuti ed è scandita da semplici minigame che si susseguono rapidamente utilizzando metafore per rappresentare le tappe e le implicazioni (sociali, emotive e di salute) di una terapia ormonale. Pur nella sua semplice veste grafica astratta, il messaggio personale giunge forte e chiaro. Un bell’esempio di questa rivoluzione.

Una schermata di Dys4ia
Altri link
- Dys4ia post-partum di Anna Anthropy (appunti di sviluppo di Dys4ia)
- The Scratchware Manifesto di Anna Anthropy (scritto nel 2000, ha in sé molti insegnamenti ripresi in Rise of the Videogame Zinesters)
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