
Quanto Facebook aiuta la comunicazione politica e quanto potrebbe farlo se usato nel modo opportuno? Il libro di Antonella Napolitano “Facebook e la comunicazione politica” (Apogeo editore, costo dell’ebook 4 euro e 99) è la risposta a questa domanda che qualcuno correttamente si pone e qualcun altro non si pone affatto, dando per scontato che su Facebook basta esserci soprattutto in campagna elettorale per poi magari sparire subito dopo l’elezione. Il libro, che non somiglia neppure lontanamente ad un saggio noioso, non solo offre una panoramica sugli strumenti messi a disposizione da Facebook, ma pone l’accento sull’importanza della strategia di comunicazione politica. E questo perché, come si legge fin dalle prime pagine, “la tecnologia è uno strumento che consente di compiere operazioni comuni in modo nuovo, non cambia né gli obiettivi dell’azione politica, né la necessità di coinvolgere i cittadini nel processo politico“.
Abbiamo posto qualche domanda ad Antonella per arricchire la lettura del libro con altri spunti davvero interessanti.
Qualche esempio di buona comunicazione politica attuata da donne
Più che pagine, preferisco segnalare persone che si stanno muovendo bene nella comunicazione.
In Italia ci sono diverse politiche che iniziano a usare i social media (Twitter e Facebook, su tutti), anche se non con la portata e la disinvoltura di alcune omologhe straniere. Forse la più visibile è Laura Boldrini, presidente della Camera, però ancora “ingessata”. Molto più disinvolta Anna Paola Concia, ex-deputata PD, ora attiva in politica (specie sui diritti LGBT) ma fuori dal Parlamento.
Il modello di riferimento, secondo me, dovrebbe essere Marietje Schaake, europarlamentare olandese, attiva nell’ambito dei diritti umani e di tutto quello che riguarda la Rete. Competente e preparata, la parlamentare ha un sito molto aggiornato con interventi e interviste, aggiorna e interagisce su Twitter (in inglese e olandese), condivide informazioni su Facebook. Schaake ha 35 anni e un passato lavorativo nelle relazioni internazionali: ha età e professionalità dalla sua. Come sappiamo, però, questo non è sufficiente a comunicare bene. Nel suo caso, invece, le sue capacità l’hanno portata ad essere definita dal Wall Street Journal come “Europe’s most wired politician”.
Ed è sempre olandese anche Neelie Kroes, vice-presidente della Commissione Europea e Commissaria all’agenda digitale. Un’altra giovane politica? Non proprio: Kroes è ultrasettantenne, è stata parlamentare e ministro dei trasporti in patria, prima di dedicare l’ultimo decennio all’Unione Europea. Circondata da uno staff numeroso e giovane, si muove tra temi spinosi, dalle telecomunicazioni alla libertà dei media. Oltre alla presenza social, ha anche un suo blog frequentemente aggiornato sul sito della Commissione Europea. E, tra una cosa e l’altra, trova il tempo per un Google Hangout con startupper interessanti.
Negli Stati Uniti, il campo è più ampio. Di recente si è distinta Elizabeth Warren, attualmente senatrice dei Democratici USA e che in passato è stata la prima a dirigere l’agenzia governativa per la tutela dei consumatori. Grazie anche uno staff di alto livello, ha fatto un ottimo lavoro sia nella sua precedente attività che in campagna elettorale con un uso attento dei social media e… ottimi risultati in termini di fundraising!
E ovviamente è da tenere d’occhio Hillary Clinton, che si dice sarà la prossima candidata democratica alle presidenziali USA del 2016. La Clinton è da poco su Twitter: solo 10 tweet per ora, ma una bio che si è fatta notare e mescola il suo passato di First Lady e segretario di stato ad altre caratteristiche meno politiche, tra cui “hair icon” e “pantsuit aficionado” (i tailleur giacca e pantaloni che sono un segno distintivo nel suo abbigliamento). E si conclude con TBD, To Be Determined… Come dire: 66 anni e tutto il futuro davanti.
La peggior mossa che si possa fare su Facebook?
Dimenticare che si è figure pubbliche. E quindi, ad esempio, litigare con chi insulta nei commenti, pubblicare foto o pensieri imbarazzanti o troppo personali. Comunicare in Rete non vuol dire farlo in una dimensione più privata che su giornali o tv, anzi. Senza contare che spesso i giornalisti si rifanno alle dichiarazioni che i politici pubblicano sugli account social.
E no, non basta essere online, serve esserci in modo ragionato e costante.
Una volta eletti, quale il miglior modo per attivare un processo di partecipazione civica?
Ascoltare, ascoltare, ascoltare. L’ascolto è il primo passo per un dialogo e, in questo caso, per individuare bisogni e progettare soluzioni adatte. La comunicazione ben fatta ed efficace tiene conto di contesto, obiettivi e molti altri fattori. E la partecipazione richiede un dialogo costruito e alimentato costantemente, ma che tenga conto dei ruoli: insomma, spiegare le decisioni, ma senza la pretesa di accontentare tutti, magari anche chi protesta per partito preso.
Guardando la politica nazionale… diciamo che in molti sembrano dimenticarselo, mentre alcune uscite scomposte sono probabilmente più meditate di quanto pensiamo. Fare leva sull’emotività e sull’indignazione, purtroppo, è una tattica che paga più di altre. Ma sta a noi cittadini fare in modo che non sia così.
Se tu fossi sindaco, quanto tempo dedicheresti alla comunicazione sui social? E lo faresti personalmente o preferiresti affidarti ad uno staff esterno?
In realtà il concetto “dedicare tempo” è ormai superato. La comunicazione è pervasiva ed è una componente del lavoro di un politico e di un amministratore pubblico.
La prima cosa che farei da sindaco sarebbe dividere la mia presenza personale da quella del Comune: un politico ha una storia e un ruolo che per un periodo coincidono con quelle di sindaco di una città. Ma il lavoro di un’amministrazione è fatta di tante persone, tante decisioni, tanti fattori (senza contare i passaggi da un’amministrazione all’altra). Chiaramente un sindaco tende ad avere gli occhi puntati e a prendere benefici e difficoltà politiche più di altre persone. Ma è giusto e onesto fare una distinzione a monte, per quanto possibile.
Se fossi sindaco lavorerei a una strategia che integri comunicazione competenze specifiche sui vari temi e la comunicazione. Spesso chi lavora nell’amministrazione pensa che i social media siano strane diavolerie o perdite di tempo, mentre possono invece essere utili a lavorare in modo più efficace ed efficiente. D’altro canto, chi lavora nella comunicazione spesso ritiene che lavorare per la politica sia come gestire la comunicazione di un’azienda: è un grosso errore di approccio, perché se è vero che si usano gli stessi strumenti gli obiettivi e il contesto sono diversi e diverso è il rapporto da costruire.
Ovviamente la mole di lavoro e lo staff richiesto saranno diversi a seconda della città in questione. Ma diciamo che l’uso di Twitter lo terrei per me! 😉
Dovessi dare un consiglio ad un candidato in campagna elettorale se scegliere Facebook, Twitter o entrambi cosa diresti? Quanto tempo all’uno e quanto all’altro e perché?
La parola chiave per risponderti è: strategia.
Di recente è stato pubblicato un intervento di Alastair Campbell, che ha lavorato alla comunicazione di Tony Blair e Bill Clinton: tra le varie cose, Campbell descriveva il contesto in grande mutazione, metteva l’accento sulla necessità di una strategia alla base di una comunicazione e spiegava che i comunicatori sono sempre esistiti. I social media sono strumenti nuovi, con diverso linguaggio e dinamiche ma gli obiettivi in politica sono sempre gli stessi. Forse quando i politici lo capiranno smetteranno di averne paura.
Anche perché, come scrive il giornalista Francesco Cundari in un suo recente libro, i problemi di comunicazione non sono mai problemi di comunicazione.
Comprato! Grazie Sonia della segnalazione e grazie Antonella di averlo scritto!