
Compie tre mesi Scritture Brevi, il blog che Francesca Chiusaroli, insieme a Fabio Massimo Zanzotto, cura per documentare e far riflettere su tre anni di percorso a Tor Vergata e in altre Università italiane. Un progetto di comunicazione per andare a fondo delle nuove forme della linguistica digitale, dalle abbreviazioni in sms e chat fino agli hashtag.
Insieme a Francesca cerchiamo di riflettere anche noi, per capire come e perché oggi social-comunichiamo in un certo modo.
Fermarsi a riflettere sul come si comunica e sul perché si comunica in un certo modo, in un contesto di timeline dove pare preminente il quanto più velocemente si comunica. Come riesce Scritture brevi a trasmettere questo messaggio a un pubblico, soprattutto quello formato da studenti “nativi digitali”?
Dovendo essere sincera, non è (non era) immediato ottenere fiducia proponendo uno studio a partire dalle abbreviazioni dei messaggini. Concordo con l’idea del grande David Crystal (Txtng, The gr8 db8) sul fatto che vi sia una sorta di “ostilità morale” nei confronti di queste modalità di scrittura. La nostra proposta è stata di riunire molte competenze, anche relative alla scrittura e alle forme di testualità brevi nelle fasi antiche (e antichissime). È inevitabile osservare molte caratteristiche comuni, che rispecchiano il principio della pragmatica comunicativa in chiave di economia della lingua: minimo sforzo, massimo rendimento. La brevità è – oggi come ieri – un’esigenza pratica: gli sms, almeno all’origine, si pagavano e i ragazzi sono notoriamente senza credito nel cellulare; nell’antichità la scrittura epigrafica era faticosa e, per ragioni di spazio, contenuta e lo stesso problema del “supporto” è all’origine dei sistemi abbreviativi della paleografia. Oggi gli schermi touch screen non favoriscono la scrittura veloce se non a scapito della correttezza grafica e formale. Ma la brevità è anche uno stile: si prenda Twitter e si prenda l’uso di Twitter, dal giornalismo alla scrittura creativa (stanno fiorendo i progetti di twitteratura). Al di là delle singole pratiche individuali, la brevità, o sintesi, è infine un dato di fatto: l’accesso al mondo avviene oggi attraverso le app; tutti i sistemi informatici hanno adottato i sistemi iconici. So per esperienza che questa affermazione rischia di scandalizzare, ma l’osservazione di un fenomeno non coincide per forza con la sua approvazione. Scritture Brevi è un laboratorio, un osservatorio, lo dico e lo ripeto.
Cosa rispondi a chi sostiene che emoticon e abbreviazioni abbiano causato un impoverimento del linguaggio? E a chi pone analoga accusa al limite di caratteri degli sms e di Twitter?
Sicuramente l’esperienza dei social network ha rimesso la scrittura al centro dell’attività comunicativa “come non accadeva dall’Ottocento” (citando Beppe Severgnini). Ma è difficile, nella diversità, fare una comparazione che abbia un senso tra una fase precedente in cui lo strumento digitale non c’era ed oggi. Diversi sono i contesti, i luoghi, i mezzi e le persone. È sempre vero che lo strumento influenza la percezione e la visione delle cose. Non credo che possa essere un paragone azzardato il confronto tra l’avvento dell’età di Internet e altre condizioni rivoluzionarie della società e del pensiero, come la stampa nella prima età moderna e, ancora prima, l’abbandono dell’oralità a favore della scrittura. Ho pubblicato su questo un post nel blog, che mi fa piacere citare, anche a completamento delle mie affermazioni nella prima domanda. Sul limite imposto dagli stili brevi, è una bella sfida comporre un tweet. Invito a provare. Mi sono trovata più volte a dover comporre un pensiero per un tweet e, a motivo dei 140 caratteri, doverlo riscrivere e rilavorare: felicemente ho verificato che il risultato era migliore, privo di ridondanze, più efficace. Certo non esiste solo lo scriver breve, ma, nell’occasione, si tratta di un’esperienza costruttiva. Infine, sull’impoverimento del linguaggio (lessico, morfologia, sintassi) la lingua cambia, è sempre stato così. Il passaggio dal latino alle lingue romanze non è stato certamente “voluto”. Per i casi della storia si è cominciato a scrivere in volgare, prima in alternativa, poi in sostituzione, del latino.
È ancora opinione di molti che il web abbia smaterializzato e spersonalizzato la comunicazione tra persone. Scritture brevi include invece tra i supporti materiali della lingua (cito testualmente) “una tavoletta cerata, un rotolo di papiro, il mio nuovo iPhone, il rigo nella chat“. Dove sta quindi il reale confine tra virtuale e materia?
Bisogna ammettere che gli stati di Facebook sono l’occasione, per i nostri ragazzi, di esprimere cose su se stessi che difficilmente sarebbero disponibili a dire a voce. Dunque un grande luogo di confidenza e libertà è quello dei social network. Quanto alla questione dei supporti, ne ho già parlato sopra. Chi scrive il messaggio fa i conti necessariamente con i contesti e con gli strumenti. In questo caso il confine tra reale e virtuale può valorizzare alcune scelte di scrittura, ma in chiave di “condizionamenti” non vi è separazione.
Come si rimodulano le teorie della linguistica applicate al 2.0? Quali autori andrebbero studiati per comprendere la struttura comunicativa di blog e social media?
Credo che la dimensione digitale abbia definitivamente messo in crisi il paradigma tradizionale della variazione diamesica nella comunicazione. La separazione tra piano della scrittura e piano dell’oralità non è più proponibile per i contesti della CMC sincrona (come le chat), dove i partecipanti compiono un’esperienza di scrittura che è parola, e di parola che è scrittura. Si tratta di una dimensione interessante per la quale è stata utilizzata l’espressione di “parlato digitato”. Sugli autori approfitto per citarci. L’esperienza di Scritture Brevi è nata nella forma di una serie di tre workshop all’Università di Tor Vergata. Da cui sono uscite le pubblicazioni relative (una in stampa) nella rivista digitale Linguistica Zero. Le pubblicazioni sono disponibili e il link è al nostro sito. Con Fabio Zanzotto, che è mio compagno nel progetto, riteniamo che l’occasione di riunire esperti di discipline e di ambiti di ricerca dell’antichità all’attualità abbia consentito la nascita di un’accezione nuova dell’espressione “scritture brevi”, tale da includere fenomenologie della scrittura in tutti i sensi (dai caratteri ai testi), ma per cui il fatto linguistico è centrale. Invitiamo dunque a leggere i contributi in quest’ottica. L’esperienza congiunta di passato e presente offre una prospettiva particolare all’osservazione di quelli che sono meccanismi comuni. Ho poi altre pubblicazioni e, a seguire, uscirà il mio libro. Poi credo molto nel blog. È un luogo per affrontare con leggerezza molti temi.
Con quale social network ti trovi più a tuo agio? Perché?
Va detto che sono entrata nei social network (in realtà Facebook e Twitter, nient’altro) dallo scorso autunno 2012. Prima usavo solo la posta elettronica. Dunque è stato un bel salto e sinceramente una felice scoperta. Tra i due social sempre di più preferisco Twitter. Si tratta di un contesto che agevola la discussione mettendola su un piano più professionale o tecnico. Ma anche Facebook mi piace, per il grado di familiarità. Ho scritto anche su questo: con Facebook si nasce, si cresce con Twitter.
È auspicabile l’estensione di Scritture brevi (o progetti analoghi che ne condividano i valori) nei programmi accademici delle Università italiane, oltre che in convegni e pubblicazioni?
C’è già un’estensione di Scritture Brevi fuori dell’ambito accademico ed è questa. Difficilmente sarei stata “individuata” fuori dell’università se non fosse stato per il blog e per Twitter. Scritture brevi è ora un marchio registrato: la necessità è sorta per le vaste possibilità applicative, di cui ci stiamo occupando, ad esempio nell’ambito dell’informatica e del design. Poi svolgo lezioni nelle aule scolastiche, ma anche in contesti non umanistici. Il progetto è versatile, permette di scambiarsi idee con molti ambienti. Ogni contributo ci arricchisce.
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