
“Non fare il male” di Annamaria Vicini (I libri di Emil edizioni, prezzo di copertina 12 euro) è un romanzo. Non un romanzo di quelli che ti aspetti. Non una storia banale, ma lo spaccato di vita di una donna, Giulia, che vive l’evoluzione della Rete e l’avvento di quei social network che sono entrati nelle abitudini di ciascuno modificando radicalmente le giornate, i modi di fare, conoscersi, comunicare. “Da giornalista radiofonica si era ritrovata all’improvviso catapultata nel mondo del web”.
La storia di Giulia è la storia di molte donne, nate analogiche e diventate forzatamente digitali, passate dal girare la ruota del telefono SIP allo strisciare polpastrelli su uno smartphone. Una donna multitasking, una di quelle che si avvicina a Facebook scrivendo prima un decalogo da rispettare per la paura di farsi prendere troppo. Una donna in tech, come è diventata anche l’autrice che abbiamo intervistato.
Attraverso la storia di Giulia si ripercorre un po’ l’evoluzione della Rete e non solo. Come hai vissuto tu i cambiamenti “imposti” dalla tecnologia? Come è cambiato il tuo modo di vivere e lavorare negli ultimi quindici anni?
Li ho vissuti, soprattutto all’inizio, con grande entusiasmo. Non li ho percepiti come un’imposizione, ma come una grandissima opportunità di poter fare molte più cose e in modo più rapido. Ma soprattutto mi affascinava e continua ad affascinarmi la potenzialità delle tecnologie per la comunicazione: email, sms, social network, skype, chat, offrono la possibilità di connettersi con altre persone che hanno i tuoi stessi interessi e magari abitano mille miglia lontano da te.
Il modo di lavorare è cambiato: oggi per esempio tendo a lavorare molto di più da casa e a spostarmi solo quando è necessario. Le autostrade telematiche sono molto più rapide ed efficienti di quelle materiali! Ma purtroppo in Italia il telelavoro non decolla e con mio grande stupore anche Marissa Mayer lo ha recentemente tagliato in Yahoo!
Anche la vita quotidiana è molto cambiata. Personalmente devo stare attenta a non farmi condizionare troppo dalla mia passione per gli strumenti tecnologici. Ci sono rapporti, un esempio è quello tra genitori e figli, che hanno bisogno di vicinanza anche fisica e questa nessun supporto tecnologico la può sostituire.
Quale la “scoperta tecnologica” che butteresti dalla torre e quale invece terresti nella tua vita?
La mia filosofia è “mai sottrarre, meglio aggiungere”, quindi faccio fatica a buttare qualsiasi cosa. Però ci sono alcune scoperte tecnologiche che francamente mi sembrano degli “esercizi di stile” del tutto superflui, ma può darsi che questo dipenda da una mia difficoltà a coglierne le reali potenzialità. Terrei sicuramente tutte quelle innovazioni che possono migliorare la nostra vita quotidiana: per esempio nel campo della prevenzione e della cura delle malattie nel prossimo futuro la tecnologia ci riserverà molte sorprese positive. Sempre che pubblico e privato vogliano investire i fondi a loro disposizione in qualità della vita, cosa che purtroppo non sempre accade.
Delle 5 regole che Giulia si dà per non farsi travolgere da Facebook qual è secondo te irrinunciabile? E quale il rischio più grande di stare sui social network senza darsi delle regole?
Direi quella che dice: Non scrivere nel profilo e in bacheca troppe informazioni private. Per decidere quali inserire e quali no, basta rispondere a una semplice domanda: “Mi piacerebbe che il mio vicino di casa venisse a sapere questa notizia su di me?” oltre a quella: Usare le regole del comune galateo e forse anche un po’ di più. Una parolaccia detta mentre sto parlando con un’amica non fa danni, ma se la scrivo e tutti la leggono posso venire etichettata come persona volgare.
Sui social network, ma il discorso riguarda in modo particolare Facebook, vedo tanta gente che non rispetta gli altri ma non rispetta neppure sé stesso.
Insultare o dire e condividere volgarità fa del male anche a chi insulta e dice cose volgari, perché dà di sé un’immagine negativa. Poi, come abbiamo appreso recentemente dalla cronaca, c’è anche chi si spinge oltre e commette veri e propri reati, ma qui si aprirebbe un discorso molto complesso che richiederebbe una riflessione a parte.
Non dimentichiamo che oggi un rischio molto grande, soprattutto per gli adolescenti, viene dall’uso degli smartphone. Ci sono ragazzi e ragazze che filmano amici e compagni di scuola in situazioni molto intime e che poi postano le immagini sui social network con conseguenze molto pesanti per gli involontari protagonisti. Educare i giovani a un uso corretto e non autolesionista delle tecnologie è oggi una priorità assoluta.
La protagonista del libro ad un certo punto si rende conto di essere una donna multitasking e dice che il termine è stato coniato grazie alla tecnologia. Non pensi che l’informatica abbia incentivato il multitasking (non solo per le donne)?
Le donne sono sempre state multitasking, loro malgrado e forse senza esserne del tutto consapevoli, perché sono chiamate a svolgere molti compiti e ruoli contemporaneamente come lavoratrici, madri, mogli o compagne e figlie. Questo però non ha dato loro nessun potere a livello sociale. Forse noi donne dovremmo riflettere su questo!
Personalmente proprio il multitasking tecnologico mi ha fatto capire che fare molte cose insieme può gratificarti al momento facendoti sentire onnipotente, ma alla lunga produce effetti negativi. Innanzitutto è fisicamente logorante e in secondo luogo la scarsa concentrazione su un singolo obiettivo porta a essere meno efficaci e questo forse è il motivo dello scarso potere femminile a livello sociale e nelle istituzioni.