
Sabato 25 maggio al Talent Garden di Milano si è svolto WhyMCA, un evento a entrata libera con workshop, laboratori per bambini e un hackaton tutti incentrati sui temi della interazione tra mobile e cose che ci circondano. Questa seconda edizione ha visto riproporre Hack reality 2, la prima esperienza di hackaton che si pone l’obiettivo di realizzare app e software in grado di porre in relazione i device e gli oggetti usati quotidianamente. Hack Reality 2 è stata un successo: 13 progetti creati e quasi cento persone presenti, in prevalenza sviluppatori, dodici espositori e oltre cento persone fra sessioni mattutine e workshop pomeridiani.
Riportiamo la testimonianza di Alessandra Colombo, che ha partecipato e che abbiamo intervistato proprio per farci raccontare la prima esperienza di hackaton di una non “TecnoGirl”. “Era la prima volta che partecipavo ad un hackaton – racconta Alessandra – e l’ho fatto dopo che il mio ragazzo, laureato in informatica, mi ha iscritta. Ho accettato subito perché mi piacciono le sfide e l’idea di partecipare, seppur senza avere conoscenze di informatica, mi incuriosiva. Non nego – continua Alessandra – un il timore iniziale di sentirmi esclusa o derisa“.
Al posto di derisione e ambiente chiuso Alessandra ha trovato un gruppo accogliente, che ha reso subito simpatica l’iniziativa. “Durante l’Hackaton – dice Alessandra – ci sono stati forniti dei materiali di supporto, grazie a sponsor quali BlackBerry, Microsoft, PlugandWear, Dquid, Openpicus, che ci hanno consentito di sperimentare in totale libertà le nostre idee: dopo i primi secondi di non totale comprensione, le idee sono piombate vorticose in testa, soprattutto grazie alle grandi quantità di materiali disponibili.”
Clima informale e amichevole quello descritto da Alessandra, dove la competizione stava unicamente nel mettersi in gioco e ognuno si aiutava quanto possibile. “Insieme al mio ragazzo – continua Alessandra – mi trovo spesso a ragionare su come sviluppare software usabili. Lo facciamo spesso per gioco ma stavolta abbiamo avuto l’occasione di collaborare realmente. Sono arrivata addirittura a saldare io stessa delle componenti e correggere un errore logico (causato dalla stanchezza) di un algoritmo!”
Esperienza indubbiamente da ripetere quindi. Hackaton promosso. “Ho potuto realmente constatare che non ci sono porte chiuse o strade sbarrate per l’innovazione: chiunque partecipi ha un bagaglio che può risultare fondamentale per la buona riuscita di un team, l’importante è voler lavorare!”
Oltre l’hackaton WhyMCA ha ospitato un laboratorio per bambini chiamato “Circuiti morbidi”, organizzato da HackLab Terni. Carla Chicchiero e Cristina Begliomini hanno coinvolto bambini e bambine di una fascia di età piuttosto ampia (dai 5 ai 12 anni) e senza conoscenze di base. “Utilizzando la pasta modellabile (tipo Didò) – racconta Cristina – i bambini possono fare circuiti che non richiedono saldature e utilizzare delle batterie per accendere componenti come LED e cicalini.” Due le sessioni di laboratorio organizzate, una la mattina e una il pomeriggio, entrambe molto affollate.
“Molti genitori si sono fermati durante il laboratorio – continua Cristina – ed è stato divertente vedere come molti padri si siano appassionati all’attività lavorando gomito a gomito coi figli e mamme che hanno contribuito dando a volte un tocco più “artistico” alle creazioni.”
Donne e bambini. Questo ci piaceva riportare come testimonianza di un evento che vuole unire tecnologia e creatività. Perché, come diceva Steve Jobs “La creatività è mettere in connessione le cose”. Chi meglio dei bambini e delle donne può farlo?
- L’hackaton di WhyMCA
- L’hackaton di WhyMCA
- L’hackaton di WhyMCA
- L’hackaton di WhyMCA
Il mio timore all’hackathon era di sfigurare in confronto ai bambini al laboratorio 🙂 Sono dei piccoli geni.
Non conosco Alessandra ma l’ho vista saldare i componenti non lontano da me con alacrità, e pur incuriosito sono rimasto in silenzio perché volevo indovinare da solo cosa stesse saldando o costruendo con componenti e stoffa. Ho saputo solo dopo che era un coprisedile fatto con due magliette regalo.
Al ragazzo di Alessandra ho avuto tempo solo di dire una battuta (*), e poi sono corso a prendere il treno, ma avrei voluto anche dirgli “bravo” perché ha programmato da solo, così come Vincenzo (credo), e sono riusciti a presentare i progetti.
Non che programmare in gruppo sia un demerito, anzi. Ma se all’hackathon ti adatti a programmare da solo, quindi senza pensare alle possibili figuracce finali, e inventi e sperimenti sul momento, allora hai proprio colto lo spirito dell’hackathon. Lo stesso spirito con cui ci è andata Alessandra.
Difficilmente vi rivedrò alle hackathon perché non sono di Milano, comunque bravi voi e bravi gli altri!
Solo una correzione per l’autrice dell’articolo: Steve Jobs diceva anche “stay hungry, stay foolish”, però con tutta quella pizza, snack e bibite, all’hackathon non tutti abbiamo messo in pratica il suo insegnamento per quanto riguarda l’hungry! 🙂
(*) “nel tempo della presentazione il mio programma non fa neanche in tempo a partire”
Grazie Emiliano per averci raccontato anche la tua esperienza! Sull’hungry…possiamo immaginare 🙂