
Uno dei punti di forza di Ubuntu è l’essere disponibile in un larghissimo numero di lingue. In questo articolo andremo nel dietro le quinte del gruppo traduzione Italiano, per scoprire come lavora.
Per coordinare le attività, il gruppo traduzione si basa su una mailing list e su un wiki, dove viene mantenuta la lista dei “moduli” da tradurre e il riferimento di chi si occupa di ciascuno di essi.
Per modulo si intende un programma o una parte di esso. Dal punto di vista delle traduzioni ogni modulo è un insieme di stringhe. Chi si prende in carico un modulo si occuperà di seguirne la traduzione lungo tutto il ciclo di vita, dalla nascita alle modifiche presenti nelle nuove release.
Per garantire una qualità alta delle traduzioni, le traduzioni dei nuovi traduttori sono sempre ricontrollate e approvate da traduttori “approvati”, con più esperienza. Più in generale, anche chi ha esperienza chiede agli altri di ricontrollare le proprie traduzioni in modo da limitare gli errori. Nel lavoro di traduzione, lo strumento di supporto principale è Launchpad.
In realtà Launchpad è uno strumento molto complesso: gestisce non solo le traduzioni, ma anche programmi, progetti, personale etc ed è usato anche per la gestione dello sviluppo di Ubuntu e delle sue componenti. In questa sede vedremo solo la funzione di Launchpad relativa alle traduzioni.
Vediamo un esempio: Gwibber (lo conoscete? È un’applicazione dedicata alla gestione dei social netework). Per Gwibber l’indirizzo corrispondente allo stato dell’arte delle traduzioni è: https://translations.launchpad.net/ubuntu/precise/+source/gwibber
La barra indica la percentuale di traduzione e come potete notare in questo caso l’applicazione risulta completamente tradotta.
Cliccando su “Italian” si trova la vera e propria lista delle stringhe già tradotte o da tradurre.
Sotto ogni stringa compare una finestra di testo per proporre una traduzione, per ognuna di queste trovate il “current italian”, ovvero la traduzione approvata (quella che compare nel vostro software per intenderci) ed eventualmente una lista di suggerimenti lasciati da altri utenti ognuno con una propria proposta di traduzione.
In fase di traduzione è sempre importante avere davanti il programma che si sta traducendo, per rendersi bene conto del contesto in cui la stringa su cui si sta lavorando comparirà.
Per garantire una buona qualità delle traduzioni, i traduttori hanno una serie di risorse a loro disposizione a partire dalle linee guida. Tra queste ci sono esempi di traduzioni “popolari” per i termini inglesi più frequenti nei diversi programmi (e nei diversi sistemi operativi) e delle vere e proprie linee guida stilistiche, per rispettare certi canoni di buon italiano.
Uno dei problemi più tipici in fase di traduzione è come rivolgersi all’utente: in inglese si utilizza il generico “you”, in italiano di solito si preferisce l’impersonale, anche se a volte un più familiare “tu” non è disdegnato.
Dal punto di vista tecnico tradurre è veramente semplice, il sistema è stato messo a punto proprio per potersi concentrare solo sulla traduzione migliore. In tal modo tutti (dall’utente più smaliziato al neofita che si avvicina ad Ubuntu per la prima volta) possono partecipare alla traduzione del proprio sistema operativo e/o delle proprie applicazioni preferite.
Ma come si arriva ad avere la versione italiana di Ubuntu, a partire dalle stringhe tradotte su Launchpad?
Partendo dal presupposto che il programmatore abbia fatto bene il suo lavoro e abbia impostato tutta l’applicazione come traducibile, questa viene importata in Launchpad e viene visualizzata come applicazione in attesa di traduzione. Sarà lo sviluppatore stesso ad indicare quali stringhe del programma sono traducibili, e queste verranno poi estratte in file di testo con estensione “.po” che sta per “Portable Object”. Si tratta però solo di file di supporto per la traduzione: sul proprio sistema l’utente non ne troverai mai uno, ed è quello che la comunità di ubuntu “nasconde” agli utenti finali. I file .po vengono poi convertiti da Launchpad nel formato corretto per essere letto dal sistema operativo (il file .po non è altro che un file di testo solo con estensione diversa).
Launchpad nasconde molti dettagli tecnici come la struttura del file che viene usato per la traduzione. Una volta completata la traduzione di un programma su Launchpad, scattano dei processi per cui le stringhe tradotte vengono esportate e incluse nell’applicazione al momento della sua “pacchettizzazione”. È possibile partire anche da un formato XML e poi tramite tool in python, convertire da shell i file nei formati corretti.
Non è questa la sede per approfondire ulterioriormente i processi che avvengono durante questo stadio, basti sapere che ci sono ulteriori passi che fanno sì che l’utente finale abbia a schermo il proprio sistema e/o applicazione tradotta così come la conosciamo.
In sintesi: il traduttore completa il file di testo e lo salva con estensione *.po, dopodiché lo carica su Launchpad che si fa carico di tutto il lavoro tecnico: lo converte e segnala lo stato dell’arte della traduzione, successivamente quando il software viene pacchettizato, la traduzione è inclusa all’interno del software stesso.
Volete contribuire anche voi? Vi basta andare su questa pagina e seguire le istruzioni!
Cecilia De Vecchi
Cecilia De Vecchi, fisico e web developer, appassionata di Opensource, utilizza esclusivamente Ubuntu per lavoro e non. Partecipa ai progetti Ubuntu Women e al Gruppo Test delle versioni di sviluppo di Ubuntu.
RT @girlgeeklife: La traduzione di un software Open Source: come lavora il gruppo traduzione Italiano di Ubuntu http://t.co/SPjY4HGk