Difficile trovare qualcuno che, collegandosi a Facebook , twittando o caricando un video su Youtube, si ponga il problema dell’essere considerato un gadget.

Ebbene, dopo aver letto il libro di Jaron Lanier “Tu non sei un gadget” questo pensiero potrebbe restare latente. Perché Lanier, noto pioniere della realtà virtuale, fa un’analisi approfondita su come il web 2.0 rischi di appiattire le singole ricchezze di pensiero degli utenti per “frullarle” in un misto di commenti banali e frammenti di pensiero e conoscenza, remixati da algoritmi di ricerca non in grado di discernere la qualità dei contenuti.

“Con l’avvento del Web 2.0 che riduce tutto a poltiglia ogni cosa insolita viene cancellata. Si è avviato un processo di formattazione banalizzante. Facebook si è spinto più lontano, organizzando le persone come identità a scelta multipla, mentre Wikipedia cerca espressamente di cancellare del tutto il punto di vista. Se queste cose le facesse una chiesa o un governo, si parlerebbe di autoritarismo; se invece vengono dai tecnologi, sono l’ultimo grido, fresche, inventive”.

A detta di Lanier alla base della degenerazione di Internet c’è la convinzione che i sistemi informativi siano in grado di rappresentare il complesso pensiero umano o i rapporti tra le persone e che tante piccole conoscenze frammentarie possano generare una “sapienza superiore”, purché ricombinate insieme da sofisticati algoritmi. Questo per arrivare a teorizzare, come fanno già alcuni “totalitaristi cibernetici”, che il Web possa trasformarsi in un’entità collettiva sovra individuale più intelligente delle singole persone che la formano. Una grossa responsabilità allora ce l’hanno proprio i tecnologi.

“Quando si dice alle persone che un computer è intelligente esse sono indotte a modificare il proprio comportamento perché il computer sembri funzionare meglio, anziché pretendere che sia il computer a modificarsi per essere più utile. Trattando i computer come entità intelligenti e autonome si finisce con il ribaltare il processo di ingegnerizzazione “.

Ecco allora l’appello alle persone affinché recuperino il senso critico anche di fronte alle nuove tecnologie e agli strumenti che queste mettono loro a disposizione, senza rinunciare a ricoprire un ruolo attivo solo in nome della convinzione che digitale sia uguale a innovazione.

“Le parole di questo libro sono state scritte per le persone, non per i computer. Quello che vi voglio dire è questo: prima di condividere voi stessi, dovete fare in modo di essere qualcuno”.