L’industria dei videogiochi in Italia è appena in fasce, ma c’è spazio per i piccoli sviluppatori indipendenti. Ce ne parla Erika Vespa che ha fondato – insieme a Daniele Benagiamo – l’etichetta di game development UNAgames che ha recentemente rilasciato il primo gioco per iPhone Tapsteroids.

Erika Vespa

Qual è la tua formazione a livello di studi e di percorso lavorativo precedente a UNAgames?

Fin da piccola ho amato i numeri e la logica, non è stato difficile decidere quale dovesse essere la mia strada: la matematica. Dopo la laurea per diversi anni ho lavorato principalmente per il mondo finanziario creando software per banche, assicurazioni e promotori, dove ho potuto sfruttare le mie conoscenze matematiche e statistiche, imparando nel contempo a programmare seriamente. Ho quindi incominciato a interessarmi anche al mondo web e alle sue potenzialità, ben prima dell’avvento del cosiddetto web 2.0, quando ancora si navigava (con costi sostenuti) tramite modem a pochi Kbps. In quella fase iniziale di accesso massivo a internet, lo studio della web usability unito all’ottimizzazione del messaggio scritto e grafico faceva veramente la differenza. Nasce qui dunque la mia passione per il mondo della grafica, 2D prima e 3D dopo, che mi ha portato a lavorare nel mondo videoludico.

Com’è il tuo rapporto con il mondo dei giochi? E quanto conta la passione nel tuo lavoro?

Il mio rapporto con i videogiochi lo definirei come una sana dipendenza, dato che sono entrati nella mia vita quotidiana prestissimo. Ero molto piccola quando mio padre portò da un viaggio all’estero una delle console di prima generazione, la Hanimex 666s, con cui ho giocato al mitico Pong. L’altro grande passo è stato l’arrivo dello ZX Spectrum + dove i programmi ed i giochi venivano rumorosamente caricati tramite le cassette, vere e proprie memorie di massa. Non c’è da stupirsi quindi se oggi mi districo tra iPad, PlayStation, HomePC, NintendoDS e con giochi di diversi generi: puzzle, FPS, arcade, MMO, gestionali… dipende dal tempo a disposizione e dall’umore. È chiaro che quindi la passione è parte fondamentale del mio lavoro, la molla che mi spinge a migliorare e a imparare sempre cose nuove.

Quando e come nasce UNAgames?

UNAgames nasce nei primi mesi del 2010 quando Daniele (l’altra metà del team) mi parlò di un progetto che aveva nel cassetto da tempo: produrre videogiochi in maniera indipendente. Era da un po’ di tempo che meditavo di tramutare la mia passione per la grafica in una vera professione, per cui ho subito accolto l’idea con entusiasmo, rassicurata anche dal fatto che Daniele, avendo lavorato per anni in produzioni videoludiche AAA (titoli distribuiti a scaffale), aveva l’esperienza e la conoscenza del mondo in cui ci saremmo lanciati. Abbiamo quindi analizzato le varie possibilità che il mercato offriva per un team piccolo come il nostro, fra tutte il fenomeno iPhone e le potenzialità dell’App Store ci sono sembrati le più promettenti con cui partire.

Quale è stato il tuo ruolo per quanto riguarda Tapsteroids?

In Tapsteroids ho curato tutta la parte grafica, dalla scelta stilistica e cromatica del progetto alla sua attuazione, ricoprendo man mano diversi ruoli: modellatore e animatore 3D per asteroidi, navi e stazioni spaziali, grafico 2D per le texture e gli sfondi. Mi sono inoltre occupata dell’interfaccia utente che mi ha richiesto grande impegno: menu e HUD devono essere semplici e intuitivi ma contemporaneamente accattivanti per forma e grafica, e non è sempre facile bilanciare i due aspetti. Un videogioco richiede professionalità diverse, ed essendo UNAgames composta da due sole persone è chiaro che oltre ai precedenti aspetti di specifica mia competenza, ve ne sono stati altri cui mi sono dedicata assieme a Daniele nelle diverse fasi di produzione del titolo: dall’ideazione del gameplay al bilanciamento dei livelli di difficoltà, dalla scelta e campionatura degli effetti sonori alla selezione degli spezzoni per il trailer, dalle traduzioni per i diversi App Store alla creazione di mailing list e press release per il marketing internazionale.

Per te cosa significa essere sviluppatori di videogiochi indipendenti?

Significa soprattutto avere la possibilità di sperimentare e di creare in piena autonomia, avendo il totale controllo su ogni fase del processo produttivo. Vedere prendere forma e crescere la propria idea è una soddisfazione incredibile. Passare dagli schizzi iniziali su carta al gioco finito è un percorso lungo: anche quando il progetto è quasi finito bisogna ancora pensare a mille dettagli. È un lavoro di cesello, un limare ogni parte continuamente fino a che tutte le tessere del mosaico collimano. Ma alla fine, quando incontri per caso un ragazzino che inganna il tempo alla fermata del bus giocando al tuo gioco, ti ripaga di tutte le ore che di giorno e spesso di notte hai passato davanti al computer, sette giorni alla settimana!

Qual è l’evento più geek a cui hai partecipato?

Sicuramente le tante serate in pizzeria con gli amici nerd dell’ACM-ICPC, International collegiate programming contest.  Abbiamo anche una mascotte, un coniglietto di peluche, che è stato accarezzato addirittura da Richard Stallman, l’ideatore del movimento del Software Libero e fondatore del Progetto GNU e della Free Software Foundation.

Le cene sono decisamente divertenti, si parla di tecnologia hardware e software a 360 gradi. Ancora ricordo quando si dissertava sullo scrivere un programma per progettare l’AI di robot killer, utilizzando esclusivamente i caratteri “blank” e ”new line”, in modo da avere il codice sorgente completamente invisibile… insomma un po’ come vedere The Big Bang Theory dal vivo!