Mentre ero a Minneapolis questa settimana, ho avuto un’interessante conversazione con la donna che gestisce le pubbliche relazioni per Red Stamp. Ha tre bambini di 6, 4 e 1 anno. La cosa divertente è che i miei figli hanno più o meno la stessa età e sono dello stesso sesso dei suoi. Lei e suo marito si sono trasferiti a Minneapolis dopo aver avuto il loro primo figlio. La loro famiglia era qui e molte persone ritornano a Minneapolis, fin qui nulla di strano. Lei ha vissuto e lavorato a New York per una delle più grandi compagnie di PR in città e dopo il primo figlio voleva tornare a lavorare, magari part-time, ma la compagnia le ha detto no, a tempo pieno o niente. Piuttosto sorprendente che sia accaduto sei anni fa, ma forse dopo tutto non così sorprendente. Così lei e suo marito hanno lasciato New York e sono venuti a Minneapolis.

Lei ora si trova nella stessa situazione di molte donne, ci sono passata anch’io.  Voglio lavorare perché voglio la mia identità, ma voglio anche essere a casa per i miei bambini. Amo mio marito e lui è sicuramente un compagno di vita, ma non mette via i vestiti dei bambini nei cassetti e nemmeno si occupa della casa, anche se ci prova.

Ho bisogno di tempo per me stessa, per fare esercizio fisico, fare shopping o vedere le mie amiche, ma voglio anche lavorare, per il mio cervello, per l’ego e l’intelligenza, e voglio anche essere presente nella vita dei miei figli… e non so come riuscire a fare tutto in una giornata di 24 ore.

Se esco dal giro del lavoro perché posso permettermelo, o se il mio stipendio è sufficiente solo per pagare qualcuno che guardi i bambini, cosa succede a me e alla mia carriera dopo essere stata a casa per più di dieci anni? Qual è il bilancio? E’ equilibrato? Forse tutte queste cose si possono fare nel corso di una vita, ma non nello stesso momento. Perché allora mi sono impegnata a eccellere a scuola e all’università? Forse è una buona cosa non essere più in azienda e potersi reinventare ed essere più flessibile nella vita di tutti i giorni, ma è difficile essere un avversario serio solo per poche ore alla settimana. Voglio essere un’avversaria? Beh, certo che voglio esserlo, ma voglio essere anche una mamma e naturalmente c’è bisogno di qualcuno che si prenda cura di tutti. Ok, posso essere “multi-tasking”, ma poi quando riesco a respirare? Magari sono solo un’imbrogliona in ogni caso quindi a chi importa?

Ogni giorno è una lotta per stare in equilibrio e il mio timore è che passeranno gli anni e io sarò sempre nello stesso punto. La mia paura più grande è che investirò tutte le mie energie nei mie figli e poi loro se ne andranno all’università e io avrò un esaurimento nervoso a pensare di aver sprecato anni della mia vita, o forse no, ma di aver fatto tutto per loro. Come mai ho dovuto farlo? Oh, mio marito è stato grandioso e ci ha fornito un reddito e uno stile di vita veramente buoni, ma ho perso l’uso del mio cervello. Non ho forse diretto una start-up negli ultimi chissà quanti anni crescendo una famiglia?

Queste sono molte delle domande che le donne si pongono, le pensano, ma non ne parlano… invece dovremmo farlo. Questa è una delle ragioni principali per cui molte donne non sono amministratori delegati di grandi aziende e nessuno sembra interessarsene.

Come possiamo cambiare questo sistema? Quando le aziende accoglieranno quelle donne intelligenti in modo che possano essere parte del gioco, essere partecipi con i loro pensieri e visioni pur essendo in grado di essere anche delle mamme. Non vediamo donne di potere che ai convegni parlano di questo o del fatto che probabilmente hanno una tata per ogni bambino che consente loro di concentrarsi sul loro business. Io non sto emettendo un giudizio su queste donne che lo fanno, ma perché non siamo oneste a riguardo? Se le donne fossero più oneste a proposito della realtà della maternità forse potremmo essere mentori migliori e modelli per la prossima generazione. Nascondere la realtà della vita sotto il tappeto non è il modo per cambiare la prossima generazione o per modificare la mentalità corrente.

Allora perché questa declamazione? Voglio solo condividere i pensieri che ho avuto per anni ora che sto girando l’angolo nella mia vita. Ho ancora un bambino a casa e sono ben consapevole di questo e non voglio ancora sconvolgerlo, tuttavia sono pronta a fare di più, pur cercando il mio equilibrio ogni singolo giorno. Dopo avere sperimentato la flessibilità, ne vuoi ancora. Come si fa a rientrare nel mondo del lavoro mantenendo quella flessibilità e creandosi la propria identità? E’ qualcosa su cui le donne devono riflettere prima che tutti scappino dal nido. Altrimenti, guarderanno la propria vita e il proprio marito e cominceranno a chiedersi: “chi sono e come sono arrivata qui?”.

Sono certa che queste divagazioni sono in sintonia con molte donne a prescindere da dove vivono, perché lo hanno visto nelle loro mamme, stanno entrando in quella fase della loro vita o sono nella fase in cui i bambini lasciano il nido, e stanno a galla a malapena, cercando di fare tutto.

Queste sono le conversazioni che vorrei sentire tra le donne. Queste sono le conversazioni che creano relazioni potenti tra donne e quando inizieremo ad avere questo tipo di conversazioni, le cose cambieranno.

Dopo tutto, la verità è che stiamo facendo praticamente tutto per i nostri mariti e figli, ma per qualche motivo non otteniamo alcun riconoscimento o arriviamo al punto di non prenderci neanche il merito.

Il post originale di Johanne Wilson è apparso su The Next Women il 16 giugno 2011. Traduzione Micol Miller.