Neilballinger.wordpress.com
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Divertirsi a scuola, è possibile? Marc Prensky dice di sì. Imparare giocando si può, anzi si deve!
L’ideatore dell’ormai diffusissimo termine “nativi digitali” è un educatore appassionato di videogiochi. Laureato in Isegnamento a Yale, Prensky ha scritto diversi libri sull’argomento, ma è anche il fondatore e amministratore di Gamestotrain, con il quale ha creato oltre 50 software di giochi per l’apprendimento. Questo mix di interessi apparentemente contrastanti, insegnare e far divertire, è sfociato in un libro “Teaching digital natives” con cui l’autore vuole insegnare ai docenti un nuovo approccio pedagogico basato su un atteggiamento più collaborativo, più problem solver e più legato alle passioni degli studenti.

Prensky è un ottimista visionario e per questo ci piace. L’introduzione del suo libro inizia così:

Che secolo favoloso sta iniziando per l’apprendimento. (…) C’è qualcosa nelle parole “yes, we can” che sta raggiungendo le nuove generazioni e sta convergendo in un nuovo ottimismo. Abbiamo bisogno di focalizzare questo ottimismo nell’insegnamento. Occorre una moderna rivoluzione nell’apprendimento.

Prensky è chiaro nei suoi intenti. C’è bisogno di maggiore collaborazione tra docenti e discenti, bisogna scendere dalle cattedre ed essere disposti ad ascoltare e ad imparare. I bambini arrivano in prima elementare con competenze tecnologiche avanzate, sono cresciuti con videogiochi, smartphone e computer. Sanno da anni cosa vuol dire scaricare un film o una canzone. Sono abituati ad esplorare ambienti digitali di giochi pieni di insidie e a superare gli ostacoli con velocità. Sono consapevoli che se una cosa papà non la sa, la cerca sul computer. Vedono che mamma cucina guardando le ricette su YouTube. Hanno già sviluppato una modalità di apprendimento legata alla ricerca più che all’assorbimento. Sono abituati ad una comunicazione alla pari. E quando arrivano a scuola vorrebbero continuare ad essere stimolati, a ricercare, a superare ostacoli, ad avere un feedback immediato sulle loro attività. Spesso però non è così.

Blog.kathyschrock.net

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Prensky allora dice che la prima cosa da fare è sistemare i banchi in maniera consona ad un’attività di gruppo, magari in semicerchio o in qualsiasi altro modo che consenta lo scambio tra allievi e con il docente. Dopo, la maestra o la prof chiederà ai bambini quali siano i loro interessi e le loro passioni e se le segnerà su un blocco perché questa indagine non è solo un modo per captare la benevolenza ma uno strumento che le sarà utile per insegnare loro in maniera differenziata. Di queste passioni parlerà anche con le altre insegnanti e cercherà di saperne di più (è sicuramente più facile giocare a scopa che con le carte dei gormiti!).

Durante il corso cercherà sempre di avere un riscontro dei ragazzi non solo sul grado di acquisizione dei contenuti ma anche sul gradimento. Tenterà di rendere le cose più reali e “vere” possibili. Farà in modo che i più bravi in una materia siano stimolati a coinvolgere i meno bravi tramite lavori di gruppo. Legherà certi argomenti alle passioni degli studenti in maniera creativa (gli stati europei associati alla nazionalità dei calciatori, problemi di matematica associati ai pokemon, ecc.). Farà domande a cui non ha la risposta, domande “socratiche” che possano stimolare discussioni e ragionamenti logici. Chiederà agli studenti di fare ricerche multimediali sulla materia studiata a scuola. Farà in modo che tutti abbiano le stesse competenze tecnologiche, facendo portare da casa la telecamera, installando un programma di montaggio sul pc della scuola, mostrando loro un’applicazione da uno smart phone. Sarà disponibile ad imparare da loro tutto quello che non conosce. Sarà rigorosa farà rispettare le regole.

Riassumendo, gli studenti dovranno specializzarsi nella ricerca di contenuti, nell’analisi e nella loro presentazione, magari multimediale.

Gli insegnanti guideranno gli studenti nell’apprendimento, forniranno le domande giuste e i contesti, daranno istruzioni, assicureranno la qualità dei risultati delle ricerche.

Gli amministratori scolastici supporteranno ed organizzeranno questo processo.

A noi genitori tutto questo sembra bello e neanche tanto impossibile.

Maila Paone
Maila paone gestisce la pagina Facebook di “Genitori di nativi digitali” e ha scritto un libro “Aiuto, mio figlio deve fare i compiti!” sottotitolo “Non mi seccare, mamma. Sono connesso!”