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Si ha un bel dire: ritrovarsi senza lavoro (e di questi tempi le statistiche parlano chiaro)  è un trauma. Parlo per esperienza diretta: giusto un anno fa l’azienda per quale io e altre 500 persone lavoravamo ci siamo ritrovati in crisi e sotto ammortizzatori sociali, partiti ufficialmente da marzo 2009.

Che fare?

Prima di tutto, non perdersi d’animo. Finisce un lavoro, non finisci tu.

Non accettate mai che gli altri vi proiettino addosso le proprie ansie o le proprie teorie negative sul futuro. E non è ottusità: basta essere realisti e presenti verso se stessi e le proprie capacità e muoversi su questo terreno.

Inoltre, siete già in una situazione di difficoltà. Ci manca solo che vi mettiate a consolare il prossimo perché è dipiaciuto per voi. Per contro non vi mettete sulla difensiva: avete necessità della collaborazione altrui, del passaparola e di sostenere eventuali colloqui con grinta. Dovete quindi rimettervi in gioco e voltare in positivo una situazione precaria.

Stilate per iscritto tutte le vostre competenze e individuate almeno tre aree nelle quali investire l’invio dei curriculum vitae. Spedire curriculum a chiunque perché si vuole ottenere un qualsiasi lavoro è dispendioso e frustrante. Meglio spedirne di meno ma mirati e specifici.

Se siete sotto ammortizzatori sociali, informatevi presso la vostra regione di competenza. Potrebbero esistere delle agevolazioni rimborsate dalla Regione stessa, come ad esempio succede in Lombardia. Esistono corsi specifici per la riqualificazione professionale e/o la dote lavoro. Avrete a disposizione uno strumento prezioso per qualche giorno: un tutor che vi aiuterà nel difficile percorso della riqualificazione.

Da brave geek girl, alcune cose le sapete già ma ricordiamole: comprate la Repubblica e il Corriere il giorno nel quale pubblicano gli annunci di lavoro, iscrivetevi aivari sitionline di ricerca lavoro, iscrivetevi ai vari social network o stanze pubbliche nelle quali vengono segnalate offerte di lavoro ove è anche possibile seguire l’evoluzione di tale mondo, nel web.

Compilate, aggiornate, curate il vostro profilo LinkedIn e/oXing se ancora non lo avete fatto. Usate la creatività, siate profondamente determinate e se avete un sogno di imprenditoria nel cassetto o volete imparare qualcosa di nuovo, non disdegnate stage remunerati o di iniziare a fare consulenza – ché hai voglia a dire l’Italia è il paese delle consulenze –  ma di necessità, si deve poter far virtù. Non sognatevi di vendere aria fritta perché durerete poco ma se siete in gamba dal sottobosco delle collaborazioni occasionali, prima o poi emergerete.

Succederà che delle posizioni lavorative nelle quali siete esperte potranno esservi poche richieste. Cercate di razionalizzare: quello che avete sin d’ora maturato come esperienza potete metterlo a frutto anche in settori diversi da quelli che conoscete e se usate bene la lettera di presentazione – uno strumento sempre troppo sottovalutato – indicate i motivi per i quali state affrontando questo cambiamento e perché accettereste anche posizioni lavorative differenti da quelle sin d’ora ricoperte. Mantenete sempre saldo il contatto con la realtà e ricordatevi che la dignità lavorativa e di consequenza quella personale, non ha prezzo nè è svendibile in nessun caso.

Informate gli amici, i conoscenti, i vostri contatti (parlando di strumenti come i social network) che state cercando lavoro ma non fate mai l’errore di piangervi addosso. Mai. Cercate tutti i canali possibili nei quali mettere in evidenza la vostra ricerca ma usate sempre la discrezione: le persone debbono potervi segnalare spontaneamente ma senza sentirsi in obbligo. Inoltre continuando a ripeterlo/scriverlo a ogni piè sospinto e magari con tono lagnoso, facilmente indebolirete la vostra ricerca e/o irriterete chi vi legge.

Nell’esatto momento nel quale comunicate la necessità di ottenere un lavoro, chi ha intenzione di aiutarvi, state certi che lo farà. Non abusate mai della disponibilità altrui e pensate sempre a come vi comportereste voi nel caso inverso.
Un’ultima considerazione senza tono polemico ma di pura constatazione: a pari opportunità l’universo femminile è ancora in qualche modo penalizzato, poi sta certamente a noi abbattere le barriere e non demordere. Porto un esempio, nell’ultimo colloquio che ho sostenuto, alle persone che avevo di fronte (persone intelligenti e corredate di intelletto ve lo assicuro) è scappato l’occhio sulle mie mani. E dopo qualche secondo hanno chiesto: E’ sposata? Ha figli? Beh non dovrebbe in linea teorica interessarvi, prima di tutto, sapere quali studi ho fatto? Le mie esperienze lavorative?

C’è ancora molta, molta strada da fare.

E voi, voi che ne pensate?