Cos’ha di tanto speciale una GGD?

Ad una girl geek dinners capita di fare nuove amicizie, di rivederne piacevolmente di vecchie, di farsi due risate, ma soprattutto di condividere esperienze, di confrontarsi su molto aspetti della nostra vita, soprattutto professionale.

Nuovi progetti, nuove scoperte, successi, ma anche situazioni poco piacevoli, discriminazioni in sede di colloquio, o al rientro da una maternità, quando ci si vede cambiare ruolo e mansione. O quelle più silenziose, come la disparità retributiva o di possibilità di carriera.

donne ai tavoli che contano, visto da AleBegoli, preso in prestito da European Professional Women’s Network)

Donne ai tavoli che contano, visto da AleBegoli, preso in prestito da European Professional Women’s Network

Al di là di questi episodi, come procede la nostra quotidianità lavorativa, l’organizzazione del lavoro ci permette di avere le stesse chance dei colleghi maschi?

Su questo argomento ho trovato online un’intervista fatta a Francesca Zajczyk, docente di sociologia all’Università di Milano Bicocca (nonché correlatrice della mia tesi di laurea in metodologia della ricerca sociale, ma questo ovvio non lo troverete mai nella sua biografia ufficiale 🙂 ) a cui è stato chiesto un parere in merito all’organizzazione del tempo nei luoghi di lavoro.

Le aziende hanno il “mito” della presenza fisica del lavoratore, al di là del rendimento: per esempio, convocano le riunioni nel tardo pomeriggio, penalizzando le mamme, o preferiscono le trasferte alla videoconferenza.

Qualche esempio di cambiamento culturale forse c’è. Alcune aziende, quasi sempre internazionali, permettono ai dipendenti che svolgono mansioni non esecutive di andare in ufficio solo alcuni giorni la settimana. Altre come il Comune di Bolzano, tengono aggiornate via email le dipendenti in maternità sulle novità dell’ufficio, per non farle sentire isolate e rendere meno traumatico il rientro.

Le aziende non hanno ancora ben compreso che mettere le persone in condizioni di lavorare meglio non è una concezione, ma un’opportunità che va a vantaggio della produttività.

Che cosa possono fare le donne?

Presidiare tutti i settori, i media, la politica, contando sul sostegno delle altre donne. E non esitare, ma continuare a chiedere concessioni. Prima o poi si trasformeranno in diritti.

Francesca Zajczyk è autrice di un saggio dal titolo La resistibile ascesa delle donne in Italia. Stereotipi di genere e costruzione di nuove identità, pubblicato nell’ottobre del 2007. Il risultato di questa ricerca sottolinea che qualcosa sta cambiando in Italia.

Sostiene nel suo blog Francesca Zajczyk presentando il suo libro:

Sempre più donne raggiungono alti livelli di istruzione, riuscendo ad inserirsi in posizioni elevate del mercato del lavoro. Donne che si sentono così pari agli uomini da non porsi nemmeno il problema della parità. Donne che riconoscono sempre più l’importanza e il valore delle proprie aspettative e dei propri progetti. Che credono nel loro lavoro, aspettandosi di ottenere adeguati riconoscimenti in termini di carriera, prestigio e guadagni. E che pensano che questa legittima aspirazione non debba comportare la rinuncia all’essere madri e alla qualità della propria vita.
[…]
Qualcosa sta cambiando, dunque; ma perché qualcosa cambi davvero occorre uno sforzo in più. Occorre rompere le “vecchie abitudini” degli stereotipi e dei ruoli femminili e maschili, attraverso nuovi percorsi di confronto fra diverse generazioni di donne e, soprattutto, attraverso un riconoscimento pubblico e politico. Occorre che la politica torni ad essere cinghia di trasmissione dell’innovazione sociale, partendo da nuove forme di rappresentanza che facciano propria una generalizzata filosofia di investimento sulle donne e riconoscano loro quel ruolo di agenti del cambiamento ormai evocato da molti, troppo spesso solo a parole.

Le ragazze ottengono in genere migliori risultati scolastici dei loro coetanei maschi e l’alta scolarità femminile è uno degli strumenti migliori di affermazione della propria indipendenza e autonomia. Oltre metà delle intervistate ha fatto esperienze all’estero sia di studio sia professionali, cosa che ha permesso loro non solo di intraprendere una carriera professionale di alto profilo, ma anche di confrontarsi con situazioni in cui la parità tra i generi è maggiormente praticata.

Eppure non solo in famiglia, ma anche nelle aziende certi stereotipi sono duri a morire: i settori tecnici e scientifici sono giudicati appannaggio maschile. In più, le statistiche ci dicono che, una volta conseguita la laurea, le donne mediamente guadagnano meno degli uomini. E questo anche con l’avanzamento della carriera.

Uguaglianza retributiva

E a proposito di salari la notizia di questi giorni arriva dalla Gran Bretagna: l’Equalities Bill, il progetto di legge sulle pari opportunità. Il governo britannico sembra voler prendere provvedimenti in materia con una legge. La notizia è di qualche giorno fa.

Nel Regno Unito il gap salariale tra uomini e donne è diminuito dal 21% del 1997 al 17,1% attuale, grazie soprattutto all’introduzione del salario minimo. Tuttavia, nel settore privato la disparità è tornata con forza, con una media del 22%.

Questa legge prevede che le aziende rendano noto quanto vengono pagati i dipendenti. Rivolta alle aziende con più di 250 dipendenti, mentre si riducono a 150 per il settore pubblico. A partire dal 2013, le aziende che non rispetteranno questi parametri, incorreranno in cause penali o civili.

E in Europa cosa succede?

La Commissione europea il 3 marzo 2009 ha lanciato una campagna in tutta l’UE contro le disparità retributive tra uomini e donne (Pay gap campaign). Complessivamente, nell’intera economia europea, le donne guadagnano in media il 17,4% in meno degli uomini.

Al centro della campagna, lanciata per sensibilizzare al problema della disparità salariale, discuterne le cause e i modi di risolverlo, c’è il semplice concetto di “stesso guadagno per un lavoro dello stesso valore“.

Vladimír Špidla, commissario UE alle pari opportunità, ha affermato:

La campagna mira a informare sui motivi per cui le donne in Europa continuano a guadagnare meno degli uomini (e in misura così ampia) e su quanto è possibile fare in proposito.

In questo momento della nostra vita economica, la parità tra uomini e donne è più importante che mai. Solo se raccogliamo il potenziale di tutti i nostri talenti possiamo fare fronte alla crisi.

La disparità salariale, riducendo reddito e pensioni durante la vita attiva delle donne, causa poi povertà in età avanzata. Il 21% delle donne di oltre 65 anni d’età rischia la povertà, contro il 16% degli uomini.

Sull’argomento è stato girato anche un documentario che illustra la situazione in Europa.

Donne e uomini nel processo decisionale.

Intanto, una nuova indagine effettuata per la Commissione, Women in European Politics – time for action*, conferma che le donne sono drammaticamente sotto rappresentate nei vertici decisionali dell’economia e della politica europea. Le banche centrali di tutti i 27 Stati membri dell’UE hanno un governatore maschio. La sotto rappresentazione delle donne ai livelli superiori è aumentata nelle grandi imprese: lì, quasi il 90% dei membri dei consigli di amministrazione delle principali imprese (le “blue-chip” dei listini di borsa) sono uomini – cifra a mala pena migliorata negli ultimi anni.

Per una fotografia sulla situazione in Italia vi rimando al post di Paola, Rapporto Cerved: Le donne al comando delle imprese Italiane, a quello di Alessandra, che cita un post di Anna Zavaritt davvero interessante.

E quindi?

Cosa può fare ognuna di noi per migliorare la situazione?

Empowerment, lobbying, o bastano qualità personali come tenacia, impegno e caparbietà?

Il dibattito è aperto 😉

* Al momento della stesura di questo post il server che ospita il documento è momentaneamente inaccessibile. Il link è giusto, come riportato da google search e vari altri siti.