Suw Charman-Anderson, in questo post, ha annotato alcune idee su come disegnare un ipotetico libro per far sì che diventi un “oggetto sociale” a tutto tondo. Anche a me ha sempre interessato e incuriosito il modo che hanno i libri di creare legami tra persone, anche attraverso il tempo; non potrei essere più d’accordo con Suw quando scrive che i libri sono di per sé cose sociali: uniscono più di quanto si pensi e creano comunità.

Chi mi conosce sa che faccio parte del social network di lettori più usato in Italia, aNobii, e che ho aperto diversi gruppi di discussione proprio per far incontrare le persone che amano i libri. La lettura non è solo un’attività che si consuma in solitudine e silenzio, è ragione di scambio di idee, di punti di vista, di conoscenza, di numeri di telefono. Ma un libro sociale, come lo intende Suw, cosa sarebbe?
Perché l’oggetto libro non si limita a rappresentare quello che è, ma di volta in volta può diventare un diario quotidiano, un contenitore di memorie, un portaoggetti. E’ una “cosa” che fa compagnia solo a tenerla in mano. Ecco perché non mi sono ancora convertita all’e-book: sono una feticista del contenitore, oltre che del contenuto. Sono sicurissima che se leggessi un libro digitale che mi piacesse particolarmente, lo ricomprerei subito nella sua versione cartacea, perché non c’è nulla di più bello che addormentarsi con un libro aperto.

Anche io, tuttavia, mi sono divertita ad immaginare il mio libro sociale. Premetto: è un esercizio di creatività che mi vede divisa tra due tendenze contrapposte, quella di considerare la lettura un’attività da consumarsi in assoluta solitudine – almeno mentale – e quella di essere una grande fan della socializzazione di rete. Far coincidere le due non è sempre possibile, ma tant’è, ci provo.
Insomma, vorrei poter condividere un libro come contenitore di idee, non amo invece condividere l’oggetto: non riesco a superare l’idea del possesso delle pagine di carta legate e tenute insieme da una copertina. Sono una lettrice egoista, oltre che anarchica e disordinata. Penserei quindi a un libro del quale sia sempre disponibile la versione vecchio stile, per i fanatici come me, insieme a quella digitale come open source.

Mi piacerebbe poter aggiungere le mie annotazione ai margini e avere una matita digitale per sottolineare le parti da ricordare e inserire link. Vorrei poter aprire, in tempo reale, discussioni con quei lettori che stessero leggendo le stesse righe, aggiungere commenti vocali e video alle loro attività, le mie considerazioni alle loro. E poi sarebbe bello poter richiamare (e acquistare) gli eventuali film legati a quel romanzo o a quel saggio, fare ricerche incrociate tra autori e bibliografie, assegnare ad ogni capitolo una colonna sonora personale.Vorrei poterlo trasformare anche in un navigatore gps, che mi guidi lungo le strade dove le storie prendono atto e i personaggi si muovono, che mi dia la possibilità di geolocalizzare gli altri lettori e organizzare incontri e conferenze, virtuali e non. E come potrei fare a meno di un motore di ricerca semantico, che colleghi il mio libro a concetti, oggetti, persone, luoghi e altre parole?

Un santo graal della connessione sociale a 360°.

Ma sarebbe questo ancora un libro? E gli autori, che parte avrebbero in tutto ciò? Si accontenterebbero di essere solo degli architetti di scheletri attorno ai quali costruire letture sì, ma anche riscritture, aggiunte, manipolazioni, note? Quanti accoglierebbero l’idea dell’open source per i loro prodotti? Ci sono già autori (pochi) che pubblicano con licenze Creative Commons, sarebbe dunque ipotizzabile un futuro dove la maggioranza invece scrivesse in questa modalità? E le Case Editrici che ruolo avrebbere nel nuovo business? Chi potrebbe progettare un ipernavigatore per un libro così? Credo che nessuno, allo stato attuale delle cose, abbia le risposte giuste alle mie domande. Certo è che i social media stanno diventando sempre più integrabili tra di loro, anche sui dispositivi mobili, e che sperimentazioni sul web semantico stanno procedendo spedite (mai sentito parlare di Ubiquity?), chissà che tra qualche anno non mi possa addormentare ogni tanto anche con il mio personalissimo iperlibro sotto al cuscino.

Anche il vostro libro sociale è come quello di Nicoletta? Qual’è la vostra idea?

Nicoletta Costantini

Nicoletta Costantini, prima guest blogger per Girl Geek Life, è tecnico informatico per il Ministero dell’Istruzione, occupandosi anche di didattica e formazione al personale. Ci parlerà della sua idea di libro sociale.